Nel Regno Unito sono entrate in vigore in questi giorni le nuove regole sui visti lavorativi per stranieri che andranno a impattare su chi proviene dall’estero e sui non britannici che non hanno già un permesso di lavoro (permanente o meno). Una stretta all’immigrazione legale messa in atto dal governo Sunak per cercare di arginare i flussi migratori oltremanica. O meglio, a selezionarli. A essere i benvenuti, saranno soprattutto i manager e i professionisti che approdano già formati: ne pagheranno le conseguenze i giovani europei che prima della Brexit potevano entrare e lavorare liberamente nel Regno senza bisogno di permessi speciali.
La misura fa parte del più ampio pacchetto della legge anti-immigrazione voluta dal premier. La stretta riguarda chi non risiede in Inghilterra, Scozia, Galles o Irlanda del Nord da prima del 31 dicembre 2020 e per chi non ha già ottenuto un visto post-Brexit prima del 4 aprile 2024. Innanzitutto, come previsto, dal 4 aprile il salario minimo affinché un lavoratore qualificato straniero ottenga un visto alla sua prima esperienza nel Regno Unito è salito da 26.200 sterline (circa 33mila euro) a 38.700 (circa 45mila euro), un innalzamento della soglia di quasi il 40%. E oltre a dover garantire questo salario minimo, il datore di lavoro dovrà anche pagare il costo del visto, circa 1.500 sterline, che include il pagamento della copertura sanitaria pubblica per il lavoratore. Sono escluse soltanto alcune professioni di cui il Paese ha particolare bisogno, come quelle nella sanità pubblica o nell’assistenza sociale.
“Credo che il segnale sia stato molto forte. Portare il reddito minimo per ottenere i visti di lavoro qualificato da 26.200 a 38.700 sterline all’anno, un salario superiore a quello medio nazionale, vuol dire che quelle che il governo britannico intende continuare a importare da altri Paesi, compresa l’Italia, sono le professioni di alta fascia, quelle che difficilmente si riescono a formare in loco o che è molto costoso formare”, spiega Brunello Rosa, Professore di Policy and Global Affairs alla City University di Londra. Secondo Rosa, l’impatto della nuova stretta sull’immigrazione legale è sicuramente negativo: “Tutte le misure che restringono la circolazione del capitale umano non possono mai essere positive. E questo vale anche per i rientri di cervelli di cui l’Italia beneficerebbe ampiamente e che invece vengono scoraggiati dalla riduzione degli incentivi fiscali. Quindi – rimarca il professore – è difficile venire in Uk ma è anche più difficile rientrare in Italia. Una situazione non esattamente ideale per gli expat italiani che noi seguiamo da vicino e che sono già stati colpiti dalla Brexit”.
Ma a entrare in vigore non c’è solo l’innalzamento dello stipendio minimo per rimanere nel Paese: anche per chi vorrà ricongiungersi con un familiare in Uk la situazione si complica. Per ottenere il documento sarà necessario avere un salario di almeno 29mila sterline, contro le 18.600 richieste in precedenza. La cifra poi, entro l’inizio del 2025, salirà ulteriormente a 38.700. L’unica soluzione per ricongiungersi, quindi, rimane quella di ottenere la cittadinanza inglese: un traguardo raggiungibile con 5 anni di lavoro ininterrotto all’interno del Paese, più uno con permesso di soggiorno a tempo indeterminato.
Il leader dell’opposizione laburista britannica, Keir Starmer – e secondo l’ultimo sondaggio di YouGov molto probabile prossimo primo ministro – ha promesso che una volta al governo farà retromarcia sulle barriere all’immigrazione regolare. Non tutti però sono convinti che questa sarà la priorità del nuovo esecutivo. Secondo Brunello Rosa, quello che possiamo aspettarci nei prossimi anni è solo una rimodulazione della composizione dei flussi migratori e una riapertura alle professioni più richieste, come medici, infermieri, ingegneri, fisici, giuristi ed economisti.