Un tentativo di disinnescare la “bomba” aborto. È ciò che ha fatto Donald Trump in un video di quattro minuti, in cui afferma di voler lasciare ai singoli Stati la decisione se consentire o meno l’interruzione di gravidanza. Trump dice di non volere un bando nazionale all’aborto e di essere comunque sempre a favore dell’interruzione di gravidanza “in caso di stupro, incesto o pericolo di vita per la madre”. “Fate quello che è giusto per la vostra famiglie e quello che è giusto per voi”, raccomanda Trump alle donne americane. L’appello a moderare i toni sulla questione, lanciato a fini ovviamente elettorali, non ha sortito l’effetto sperato. I conservatori religiosi accusano Trump di tradimento. I democratici lo dipingono come la peggior minaccia per i diritti e la salute delle donne.

Trump ha deciso di dire la sua in tema di aborto dopo essersi assicurato la nomination repubblicana. Questo la dice lunga sulla prudenza con cui l’ex presidente maneggia, da sempre, la questione. È sua convinzione che l’aborto è ciò che ha fatto mancare ai repubblicani la clamorosa vittoria prevista alle elezioni di midterm nel 2022. Ed è sua profonda convinzione che i repubblicani debbano evitare di farne un tema qualificante alle elezioni 2024. Trump ritiene anzi che proporre un bando nazionale all’aborto, durante questa campagna elettorale, porterebbe a una straordinaria mobilitazione dell’elettorato femminile e a una sconfitta quasi certa per i repubblicani. Meglio, ha spiegato, concentrarsi su altro: “l’orribile confine, l’inflazione, la cattiva economia, la morte e distruzione del nostro Paese”.

Le idee di Trump in tema di aborto hanno del resto subito una decisa evoluzione. Nel 1999, il tycoon diceva di essere “molto pro-choice”. Nel 2011, alla Conservative Political Action Conference, la posizione si era ribaltata e Trump era diventato “pro-life”. Nel 2016, in campagna elettorale e per ottenere l’appoggio dei conservatori religiosi, l’allora candidato repubblicano fece tre cose. Promise di nominare giudici conservatori alla Corte Suprema, che avrebbero tolto di mezzo l’odiata Roe v. Wade, la sentenza del 1973 che aveva legalizzato l’aborto su base federale. Promise di togliere i fondi federali a Planned Parenthood, il maggior fornitore negli Stati Uniti di servizi riproduttivi per le donne. Promise di scegliersi un vice profondamente religioso e antiaborto. Trump fece tutte e tre le cose, diventando il presidente più amato dagli evangelici e dalla destra religiosa USA.

Sono passati otto anni da allora e molte cose sono cambiate. Trump è stato in effetti capace di nominare tre giudici conservatori alla Corte Suprema, che nel 2022 hanno revocato la Roe v. Wade e “l’hanno consegnata alle ceneri della Storia”, come amano dire proprio i religiosi. Quel successo ha però radicalizzato la situazione. Due dozzine di Stati a guida repubblicana hanno votato leggi che, in modi e forme diverse, bandiscono il diritto all’aborto. Ciò ha rinvigorito l’azione dei gruppi pro-choice. In Florida, ad esempio, è in corso una raccolta firme per chiedere un referendum contro la legge approvata dai repubblicani di Ron DeSantis, che vieta l’interruzione di gravidanza dopo le sei settimane (quando spesso una donna non è nemmeno a conoscenza di essere incinta). Nello stesso tempo, dopo la vittoria alla Corte Suprema del 2022, i gruppi antiabortisti sono in difficoltà, incapaci di trovare altre ragioni e occasioni di battaglia. Il tentativo di mettere fuori legge la pillola abortiva sembra per esempio destinato a fallire.

A questo punto, Trump preferisce dunque non approfondire lo scontro. Sa che il tema può diventare tossico per i repubblicani. Sa che gli può far perdere ampi settori di voto femminile e portare alle urne migliaia di democratici e progressisti che magari se ne starebbero a casa se non fossero in discussione in diritti riproduttivi. Trump è per esempio molto preoccupato per quanto avviene in Florida. Il Sunshine State è ormai da qualche anno un solido bastione repubblicano. L’aver votato la norma draconiana che mette al bando l’aborto dopo sei settimane rischia di avere effetti destabilizzanti. Il referendum richiesto dai gruppi pro-choice dovrebbe infatti tenersi il 5 novembre, quindi in concomitanza con il voto delle presidenziali. C’è da aspettarsi un’affluenza al voto di decine di migliaia di elettori poco propensi ad avvallare le scelte di DeSantis, dunque sicuramente non in linea con la candidatura di Trump. La Florida potrebbe dunque tornare a essere uno swing state, uno stato in bilico tra democratici e repubblicani. Non è quello che Trump vuole. Ed è ciò che, tra le altre cose, lo ha spinto a registrare il video in cui si dice contrario al bando nazionale all’aborto.

Il tentativo di calmare le acque ha però sortito l’effetto opposto. I gruppi pro-life, che da anni chiedono un bando nazionale, sono insorti contro Trump. “Siamo profondamente delusi”, ha detto Susan B. Anthony di Pro-Life America. Sono intervenuti anche diversi repubblicani di primo piano. Mike Pence, da sempre la voce dei conservatori religiosi nel G.O.P., ha definito le parole di Trump “uno schiaffo in pieno viso” ai suoi supporters. Lindsay Graham ha spiegato di voler proseguire nella battaglia per un bando nazionale dopo 15 settimane di gestazione. Le prese di posizione hanno avuto l’effetto di scatenare la reazione rabbiosa di Trump, che su Truth Social si è lasciato andare a uno sfogo durissimo contro Graham. “Molti bravi repubblicani hanno perso le elezioni su questo tema e gente implacabile come Lindsay Graham sta consegnando ai democratici la Camera, il Senato e forse anche la presidenza”.

Sul fronte opposto, i democratici hanno usato le parole di Trump come conferma della minaccia rappresentata dai repubblicani. “Non facciamoci illusioni – ha detto Joe Biden -. Se Donald Trump fosse eletto e i repubblicani MAGA votassero al Congresso un bando all’aborto su base nazionale, Trump lo firmerebbe”. La campagna democratica ha anche postato un video estremamente duro, in cui una donna di Austin racconta di come è stata vicina alla morte dopo che i dottori del Texas le hanno rifiutato un aborto. La speranza di Biden è usare la questione non solo per energizzare il voto femminile, ma anche per recuperare parte di elettorato – giovani, neri, ispanici – altrimenti delusi dalle politiche di questa amministrazione. Secondo alcuni analisti, ci sono già segnali di come la difesa dell’aborto può funzionare oltre i confini dell’elettorato femminile. Un sondaggio NPR/PBS/Marist del 7 ottobre mostra Biden in vantaggio su Trump di ben 21 punti tra l’elettorato maschile con titolo di studio universitario. È un voto che Trump vinse per 3 punti nel 2020. Si tratta di un evento significativo, che secondo alcuni potrebbe per l’appunto spiegarsi anche con le posizioni troppo retrive dei repubblicani in tema di aborto.

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