C’era un “sistema” che ha consentito a Bartolini, ai caporali ed alcuni ex dirigenti infedeli di arricchirsi alle spalle di oltre 31mila lavoratori della logistica e del Fisco. Lo testimonia il decreto di amministrazione giudiziaria deciso dal tribunale di Milano a marzo 2023.

“L’articolata frode fiscale” portata alla luce in Brt tra il 2022 e il 2023 dalla Procura e dalla Guardia di Finanza di Milano era “caratterizzata dall’utilizzo di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto che simulavano una somministrazione di manodopera, in violazione della normativa di settore” e che hanno già portato la Direzione distrettuale antimafia a disporre – lo scorso dicembre – sequestri preventivi d’urgenza per oltre 126 milioni di euro, tutti successivamente convalidati dal gip.

Le indagini della GdF “hanno consentito di accertare che i committenti, al fine di proporsi sul mercato con prezzi oltremodo competitivi, approfittando dello stato di necessità dei lavoratori, li sottoponevano a orari e ritmi di lavoro estenuanti, peraltro sottopagandoli, nonché li facevano transitare da una società all’altra, di fatto privandoli delle previste forme di tutela assistenziale e previdenziale. Tali pratiche, oltre che sfavorevoli per i lavoratori, erano tali da influenzare le corrette dinamiche di mercato e di leale concorrenza a discapito delle imprese che invece operano in maniera sana”.

Operai dei servizi di handling e autisti della rete delle consegne passavano da una “cooperativa all’altra” con la cosiddetta “transumanza”, scrivevano le Fiamme Gialle, perdendo “ogni diritto di carattere economico“, come gli scatti di anzianità, il pagamento delle ferie e la tredicesima. Il pagamento “dello stipendio” veniva qualificato “come ‘trasferta Italia’ in modo da evitare il pagamento dei contributi”. In alcuni casi venivano pagati solo “a cottimo per le consegne” in un “sistema” che “ha consentito a Brt di risparmiare 100 milioni l’anno a tutto detrimento dei lavoratori e dell’Erario”.

Un “sistema” che ha consentito all’ex Bartolini di far crescere negli anni il fatturato da 1,38 miliardi nel 2017 a 1,79 circa nel 2021, senza cali nemmeno nell’anno pandemico 2020, mentre l’utile passava da 28,7 milioni nel 2017 a 35,4 nel 2021. Il tutto a spese del Fisco e di un numero enorme di lavoratori. Nel settore delle consegne, le aziende trasportatrici che nel 2021 lavoravano per Bartolini erano 2.931, delle quali i cosiddetti “padroncini”, ovvero le aziende con un solo addetto, erano 975. I controlli sulle 1.956 aziende per verificare il ricorso alla “transumanza” di lavoratori, il passaggio da una “scatola societaria” a un’altra, con la chiusura di quella precedente spesso senza versare contributi imposte e Iva, riguardava 26.105 autisti. I maggiori sospetti di “transumanza” riguardavano 6 consorzi e altre 34 imprese con alle dipendenze 3.434 autisti, dei quali 350 “transumanti”, con una percentuale superiori a un decimo e probabilmente anche sottostimata.

Ma le cose andavano anche peggio nei magazzini del facchinaggio, dove lavoravano molte aziende, specie cooperative (con 5.192 soci dipendenti nel 2021, dei quali 3.163 “transumati”, pari a oltre il 60%), molto spesso gestite da prestanome residenti all’estero, tra omessi versamenti Iva, ricorrenti sedi legali sovrapposte agli stessi indirizzi, con gli stessi professionisti incaricati di presentare i modelli fiscali e Inps, alcuni dei quali già sotto indagini per frodi fiscali. Queste “scatole” hanno vita breve (di solito non più di tre anni) e i subappaltatori le aprono e chiudono in serie realizzando la “transumanza” della forza lavoro dall’una all’altra. Non senza realizzare enormi guadagni: un soggetto titolare di un gruppo con numerose aziende collegate in Italia, Svizzera e Delaware (Usa), indagato per riciclaggio, in pochi anni si era attribuito uno stipendio annuo da 1,8 milioni, più altri 500mila euro alla moglie, il tutto grazie a un fatturato 2021 di 150 milioni realizzato sfruttando 2.787 dipendenti. Un meccanismo che gli aveva consentito, tra il 2013 e il 2020, di movimentare o trasferire tra Italia, Svizzera e Romania oltre 8,9 milioni su conti bancari e imprese.

Lo schema non era privo di ricadute per gli ex vertici di Brt, che assicuravano protezioni e sceglievano i fornitori anche grazie a cospicue dazioni di denaro. Secondo il provvedimento di amministrazione giudiziale del Tribunale di Milano, l’indagato Dalmazio Manti, ex amministratore delegato di Brt, il 6 marzo 2023 ha ammesso in un interrogatorio col pm Storari di aver ricevuto denaro dal 2016 al 2022 da alcuni fornitori dell’azienda. Secondo un interrogatorio datato 17 febbraio 2023 dell’indagato avvocato Gianluca Spolverato, consulente giuslavoristico di Brt, “i cosiddetti ‘ibridi’, ovvero i padroncini che lavoravano per Brt, ricevevano una busta paga al minimo e il resto veniva pagato attraverso bonifico; sulla differenza che percepivano non venivano pagati i contributi.

Le imprese lavoravano per Brt sottocosto e questo permetteva alla società di mantenere degli utili (le imprese costavano 90 milioni e Brt faceva un utile di 110 milioni)” mentre “regolarizzare le imprese avrebbe portato in perdita Brt”. Dalmazio Manti e Gianluca Spolverato, secondo il provvedimento di amministrazione giudiziale del Tribunale di Milano, sono così finiti indagati per violazione dell’articolo 2635 del Codice civile, ovvero per corruzione tra privati.

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