Negoziati ancora in salita. Hamas ha fatto sapere che l’ultima proposta di accordo presentata da Israele non soddisfa le loro richieste. In una dichiarazione diramata martedì, il gruppo palestinese sottolinea che Tel Aviv “rimane ostinato e non ha risposto a nessuna delle richieste del nostro popolo e della nostra resistenza”, affermando di voler “raggiungere un accordo che ponga fine all’aggressione contro il nostro popolo” e che i leader del gruppo esamineranno la proposta e informeranno i mediatori della loro risposta. I negoziati comunque “non stanno andando bene”, dicono alla Dpa fonti del gruppo palestinese. Il portavoce del movimento islamista palestinese, Sami Abu Zahry, aveva fatto sapere che le parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu su un imminente attacco di terra a Rafah “sollevano interrogativi sullo scopo della ripresa dei negoziati“: “Il successo di qualsiasi negoziato dipende dalla fine dell’aggressione”, ha detto all’emittente araba Al Jazeera. Al centro dei negoziati vi è la soluzione prospettata dagli Stati Uniti nell’ambito dei colloqui mediati dagli stessi Usa, oltre che da Egitto e Qatar. La proposta prevede sei settimane di stop ai combattimenti in cambio del rilascio di 40 ostaggi e ci sarebbe inoltre un parziale ritorno di sfollati nella parte nord di Gaza.
Dopo l‘ordine di ritiro delle truppe combattenti dai territori meridionali di Khan Yunis, ormai quasi totalmente distrutti, l’opzione di un’operazione di terra su Rafah, ultimo lembo di terra dell’enclave che dà rifugio a 1,5 milioni di sfollati palestinesi, rimane in campo. Anzi, Israele sta acquistando 40.000 tende per preparare l’evacuazione di centinaia di migliaia di palestinesi dalla città di Rafah: lo afferma un funzionario israeliano all’Associated Press, ripresa dal Guardian. Lunedì il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha annunciato che è stata fissata una data per l’invasione israeliana dell’ultima città di Gaza situata al confine con l’Egitto. “Completeremo l’eliminazione dei battaglioni di Hamas, anche a Rafah. Non c’è forza al mondo che ci fermerà“, ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu incontrando al campo di Tel Hashomer le reclute per il servizio nell’esercito israeliano. Poche ore prima il ministro Ben-Gvir aveva minacciato Benjamin Netanyahu: “Se non autorizza un’operazione a Rafah non sarà più il premier”
Intanto proseguono le operazioni militari di Tel Aviv: nella notte è stato ucciso il capo dell’Ufficio emergenze di Hamas, Hatem Alramery, nella parte centrale della Striscia di Gaza. La sua morte è annunciata dalle forze di difesa israeliane. Alramery era un’ala militare di Hamas del battaglione Maghazi. L’agenzia di stampa palestinese Wafa riferisce che anche sedici cittadini palestinesi sono stati uccisi e altri feriti nella serata di lunedì in una serie di attacchi aerei israeliani contro diverse aree della Striscia di Gaza. Fonti locali confermano l’uccisione di cinque cittadini in un bombardamento israeliano contro un edificio nel campo profughi di Al-Maghazi, nel centro della Striscia: tra le vittime anche il sindaco di Maghazi. Contemporaneamente, anche un medico è stato ucciso in un bombardamento israeliano che ha preso di mira l’incrocio di Al-Saraya nella città di Gaza. Nel frattempo, squadre di soccorso e di protezione civile hanno recuperato i corpi dieci persone, tra cui sei bambini, uccisi dalle forze israeliane nell’area delle Tiba Towers a nord-ovest di Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza. Il bilancio delle vittime dal 7 ottobre, secondo il Ministero della Sanità locale, sarebbe di oltre 33.20o morti e quasi 76mila feriti.
E cresce anche la pressione internazionale per arrivare a una tregua. Re Abdullah di Giordania, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il presidente francese Emmanuel Macron hanno chiesto che “il fuoco a Gaza finisca adesso” e hanno invocato la Soluzione a due Stati. In un un articolo congiunto pubblicato dal Washington Post – e ripreso dai media israeliani – i tre leader, dopo aver chiesto l’immediato rilascio degli ostaggi, hanno sottolineato che “la violenza, il terrorismo e la guerra non possono portare la pace in Medio Oriente”. “La soluzione a due due Stati – hanno ribadito – è l’unico modo per garantire la pace e la sicurezza”.