Negli ultimi anni il panorama degli incontri amorosi ha subito una trasformazione digitale radicale. Le app di dating sono diventate lo strumento preferito per cercare l’amore, per fare nuove conoscenze o, come diranno i più cinici, per trovare partner sessuali.

Sebbene l’utilizzo di internet da parte dell’umanità sia in crescita, un trend pare andare in controtendenza. La Generazione Z, quelli nati tra il 1997 e il 2012, sta progressivamente abbandonando queste piattaforme. O almeno i dati dicono questo. Secondo una survey del 2023 condotta da Statista, negli Stati Uniti il 61% degli utenti delle app di dating ha tra i 30 e i 49 anni, mentre la Gen Z ne costituisce solo il 26%. I numeri fotografano dunque un crescente disinteresse verso le app di dating da parte dei giovani.

Il dato sembra risultare controintuitivo rispetto alla nostra osservazione della realtà. Non è un segreto che la Gen Z sia la prima generazione ad essere nata – e non solo cresciuta – con internet. E che l’utilizzo del cellulare equivalga ad avere un terzo arto superiore. Eppure, quando si tratta di Tinder, Bumble e soci, i giovani sembrano fare “swipe left” (lo stesso gesto compiuto sullo schermo del cellulare quando un utente rifiuta il match con un altro utente). Tra le cause principali ci sarebbe la paura del rifiuto. La Gen Z infatti è notoriamente una generazione viziata dal punto di vista familiare. L’indebolimento dell’impianto genitoriale ha restituito ai giovani un potere negoziale nelle dinamiche domestiche, in cui il concetto di “no” sembra essere sparito dal vocabolario. L’incapacità dei genitori ‘baby boomers’ di imporre spesso una qualsivoglia autorità nei confronti della prole si è tradotto in un’overdose di regali natalizi prima e di concessioni libertine poi, che ha reso gli under 27 di oggi indisposti al rifiuto.

A differenza dunque di quanto manifestato dalla stampa tech, che non vedeva l’ora di tessere le lodi dei giovani in quanto principale target di mercato, la verità potrebbe essere che la Gen Z rifiuti le app di dating solo per insicurezza, non per illuminazione. A ben vedere, la paura del rifiuto è la stessa che ha portato la Gen Z a diminuire il numero di approcci anche nella realtà fisica delle cose. Scartata anche l’opzione dell’online, per i giovanissimi sembrano restare solo due opzioni: la solitudine o il metaverso.

Anche la stampa generalista, che invece non vedeva l’ora di gridare alla crisi del digitale, sta celebrando il grande ritorno all’offline dei giovani senza alcun dato in mano. Nessun report dice che la Gen Z abbandoni Tinder per riscoprire il piacere della conquista in presenza. Lo scenario più verosimile è che i giovani sotto i 27 anni, scoraggiati dall’idea di essere giudicati pubblicamente sulle app di dating, stiano diminuendo ulteriormente il numero di approcci verso potenziali partner o semplicemente stiano trovando altri luoghi online. I più gettonati sono i social media come TikTok e Instagram, cioè comunque dei canali online. La differenza è che sui social, almeno a livello teorico, le persone espongono un maggior numero di contenuti che consente di sviluppare relazioni più articolate. A differenza dunque dell’effetto Red Light District di Amsterdam – in cui ognuno si espone su Tinder in vetrina alla mercé dei passanti – i giovani potrebbero apprezzare il fatto di interagire solo con persone che già conoscono offline o di cui hanno comunque ottenuto più elementi.

Che le nuove generazioni dunque stiano abbandonando le app di dating in virtù di un romantico ritorno alle relazioni autentiche è una narrazione mediatica comoda ad imbonire i giovani, ma che in realtà rivela solo il fallimento di piattaforme come Tinder e Bumble. Se è vero infatti che i giovani sono più insicuri – e che l’insicurezza alimentata dall’iperprotettività genitoriale non ha nulla di positivo – è altrettanto vero che le app di dating hanno mostrato in questi anni tutti i loro lati oscuri, disincentivando i giovani all’utilizzo.

Innanzitutto sono diventate un covo di utenti fake e content creator di OnlyFans che ingannano gli utenti illudendoli di poter trovare un match quando, in realtà, stanno solo facendo entrare poveri ingenui nella loro rete di contatti per poi vendergli qualcosa. Nelle app di dating inoltre c’è una sproporzione fisiologica tra uomini e donne che rende gli uomini in generale costantemente esposti all’impossibilità di essere scelti. E come su qualunque piattaforma online, se l’esperienza è sempre negativa si tende a non tornare. Terzo e ultimo punto di debolezza è il funzionamento dell’algoritmo che tende a penalizzare coloro che accedono alle app di dating in versione gratuita per dunque incentivare gli utenti a bypassare il paywall, pagare un abbonamento e accedere a funzioni aggiuntive.

La conclusione è che da questo trend al momento non sembra vincere nessuno, se non chi gioisce della morte di questi imperi digitali – e che puntualmente si trova a dover accettare che il web non va da nessuna parte e che i giovani non sostituiranno il pallone al cellulare. La vera palla passa ora ad aziende come Tinder che, leggendo i dati, sanno di dover rivedere le proprie applicazioni per renderle più appetibili ed efficaci. Queste aziende sono consapevoli che una tecnologia rifiutata dai giovani è destinata a morire sul lungo periodo.

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