Perché continuiamo a chiamarla par condicio? Qualunque cosa accadrà in Vigilanza, qualsiasi emendamento sarà approvato, la par condicio è già stata abrogata da anni: regnano conflitto di interessi, occupazione Rai, querele bavaglio.
Qualche settimana fa il Parlamento europeo, con la significativa astensione di Lega e Fratelli d’Italia, ha votato il Media freedom act, un regolamento che prevede norme rigorose su conflitto di interessi, trasparenza delle proprietà, autonomia della Rai, pluralismo delle fonti, contrasto delle querele bavaglio e delle minacce contro il diritto di cronaca. Da quel momento sono stati inaspriti i bavagli, estese le querele anche a disegnatori e storici (vedi Canfora, Natangelo, Montanari, Di Cesare…), annunciate nuove nomine Rai ancora con la legge Gasparri-Renzi, ordito l’assalto all’Agenzia Italia con l’obiettivo di venderla ad Angelucci, parlamentare leghista assenteista ma presentissimo nella tutela dei suoi affari “sanitari” ed editoriali.
L’Italia ha imboccato la corsia di sorpasso con l’obiettivo di superare l’Ungheria.
L’assalto alla par condicio fa parte di questo percorso, che prevede bavagli e manganelli alla vigilia della controriforma costituzionale. La normativa italiana in materia di parità d’accesso è già una delle più blande in Europa, soprattutto per quanto riguarda i tetti di spesa, la disciplina degli spot, i confronti tra candidate e candidati, la parità di accesso, le modalità del controllo e le sanzioni che arrivano sempre ad elezioni avvenute. Ora vorrebbero scorporare dai tetti e dalle norme la comunicazione del governo in modo da escluderla dai conteggi e da vanificare ogni regola. Come se non bastasse, prevedendo la presenza di giornalisti di diverso orientamento politico. Scelti da chi? Dalla Vigilanza? Dalle forze politiche? Mediante autocertificazione? Dopo un esame?
“Dobbiamo garantire il pluralismo…” hanno tuonato quelli che hanno acquistato e sequestrato il programma di Roberto Saviano; in realtà vogliono bloccare qualsiasi programma sgradito, allontanare le voci cariche e quei giornalisti che ancora fanno le domande. E se la destra, come già fa, rifiutasse di mandare suoi esponenti ad alcune trasmissioni? Avrebbero un diritto di veto? Sarebbe il “commissariamento” dell’articolo 21 della Costituzione. C’è poco da mediare, in questo caso il testo è peggiore del contesto: il tutto fa ribrezzo.