Ci sono molti modi di raccontare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. C’è chi ne ha fatto delle figure quasi mitologiche, chi li ha trasformati in eroi da fumetto o quasi e chi, anche solo scriverlo adesso mi fa gelare il sangue, ha provato a dipingerli come traditori; dello Stato, della magistratura, delle persone che avrebbero dovuto difendere per professione.
Se già è complicato per chi, come me, ha vissuto gli anni del lavoro e delle tragedie di questi due incredibili magistrati, immaginate quanto sia difficile per chi, come i miei figli, è nato molti anni dopo che la mafia aveva ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Nel libro sono raccolti documenti importantissimi e si alternano le voci di Maria Falcone, Rita Borsellino, Leonardo Guarnotta, Giuseppe Ayala e Alfonso Giordano; quelli che, in sintesi, amici di Giovanni e Paolo lo erano davvero, anche quando la mafia ha cercato prima di isolarli, poi di delegittimarli fino a che, sbagliando, li ha uccisi e reso immortali loro ed il loro messaggio.
Quando aveva poco più di 10 anni, Marco fu portato dalla scuola elementare in gita in Sicilia. A noi, genitori di un bimbo così piccolo, sembrava strano che da Milano si spingessero fino a lì e ci chiedevamo cosa mai gli sarebbe rimasto in mente dei templi di Agrigento o delle ceramiche di Caltagirone.
In effetti avevamo ragione, di quello Marco ricorda poco o nulla, se non un gran caldo. Quello che invece ricorda benissimo fu la sosta all’albero piantato in via Notarbartolo a Palermo, l’albero dedicato a Giovanni Falcone. Lui e tutti i compagni si fermarono a lungo, lessero i moltissimi bigliettini lasciati da chi aveva visitato quel luogo prima di loro.
Si fermarono anche in via d’Amelio dove, nella buca lasciata dall’esplosione che uccise Paolo Borsellino e la sua scorta, la madre del magistrato volle venisse piantato un albero di ulivo proveniente da Betlemme, un simbolo di pace e speranza.
La speranza che un futuro migliore sia possibile grazie a chi, sin da piccolo, impara la differenza fra la giustizia e l’ingiustizia.