Il 10 aprile il Parlamento europeo potrebbe approvare il Patto migrazione e asilo, un’enorme riforma delle politiche europee in materia che è indubbiamente un risultato storico. Perché ci sono volute due legislature, otto anni e infiniti strappi e fughe in avanti. Ma soprattutto perché istituzionalizza un approccio sempre più caro ai governi europei, di destra e non: quello che alla protezione umanitaria di chi ne ha diritto antepone l’obiettivo di ridurre gli ingressi degli stranieri in generale, se non addirittura le partenze dai paesi di origine. Per capire se si tratterà anche di un successo, come già è stato definito, bisognerà almeno attendere che il Patto diventi operativo, non prima del 2026. E tuttavia c’è chi spera che l’approvazione del Patto porti i suoi frutti già alle elezioni europee di giugno. Come la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, oggi a caccia della riconferma, e poi partiti e governi che l’hanno sostenuto, compreso quello italiano che addirittura lo rivendica nonostante alcuni, oggettivi peggioramenti per i paesi di frontiera come il nostro. Alla vigilia del voto all’Eurocamera, è dunque interessante l’analisi proposta dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr), think-tank internazionale a vocazione europeista che ha commissionato un sondaggio in 12 Stati membri, che da soli rappresentano tre quarti dei seggi al Parlamento europeo: Austria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia. Emerge che la questione dell’immigrazione, che molti considerano o vorrebbero in testa alle preoccupazioni dei cittadini europei, è meno sentita di quanto si creda, anche in Italia.

In una precedente analisi, l’Ecfr aveva individuato alcune “tribù” in base all’attenzione dell’opinione pubblica nei 12 Paesi per le crisi che hanno coinvolte l’Ue, dalla crisi finanziaria globale a quella climatica, dalla crisi migratoria alla guerra tra Russia e Ucraina e ovviamente alle conseguenze della pandemia. L’approccio, rilanciato nella più recente analisi, ha confermato che “la tribù dell’immigrazione è risultata ancora una volta più piccola della maggior parte delle altre tribù, con il 15% degli intervistati che vi appartengono, rispetto al 21% della tribù economica, quella preoccupata dalla crisi finanziaria, al 19% della tribù covid-19, al 16% della tribù del clima e al 16% della guerra in Ucraina”, è scritto nel rapporto dell’Ecfr. Solo la guerra a Gaza, introdotta nel nuovo sondaggio, è stata selezionata meno spesso, da appena il 4% degli intervistati. Ancora: “La divisione è trasversale agli Stati membri e tra loro. La tribù dell’immigrazione è sproporzionatamente grande in Germania e Austria, ma è molto più piccola di altre tribù in molti altri Paesi. Ad esempio, la tribù economica è la più numerosa in Grecia, Portogallo, Italia e Ungheria. La tribù dei covidi-19 è la più grande in Spagna e Romania. La tribù più preoccupata dalla guerra in Ucraina è dominante in Polonia e Svezia. E la tribù del clima è la più numerosa in Francia e nei Paesi Bassi”. Germania e Austria, insieme a Francia e Spagna, sono Paesi dove le richieste d’asilo per milione di abitanti superano la media Ue di 1.937. Una delle ragioni che hanno spinto i governi europei ad approvare un Patto che si preoccupi innanzitutto di impedire i cosiddetti movimenti secondari dei migranti, quelli dai Paesi di primo ingresso come l’Italia, che grazie a questi movimenti registra un numero di domande inferiore.

Il sondaggio, realizzato da Datapraxis e YouGov, rivela che la preoccupazione per l’immigrazione non è necessariamente limitata alle persone che arrivano. Molti elettori sono più o ugualmente preoccupati per l’emigrazione dai loro Paesi che per l’arrivo di stranieri. Nei 12 Paesi, in media il 34% ha dichiarato di essere più preoccupato per l’immigrazione, il 16% per l’emigrazione e il 31% per entrambi in eguale misura. Ma se ad alzare la media sono soprattutto i Paesi più ricchi e storici membri dell’Unione, come Paesi Bassi, Austria, Germania e Svezia. In altri sei Paesi, Grecia, Ungheria, Italia, Portogallo, Romania e Spagna, la maggioranza si dice preoccupata soprattutto per l’emigrazione o per entrambe. “I nostri sondaggi – è il ragionamento che fa l’Ecfr – suggeriscono quindi che la centralità politica dell’immigrazione non deriva dal fatto che è la crisi più acuta dell’Europa agli occhi dei suoi abitanti, ma dal successo dei partiti di destra nel farne un simbolo dei fallimenti dell’Ue. È questa crisi, insieme a quella economica, quella a cui gli intervistati del nostro studio precedente pensavano che l’Unione avesse risposto peggio”. Solo il 17% degli europei intervistati ritiene che l’Ue abbia fatto un buon lavoro sulla questione migratoria, contro il 71% che dà un giudizio negativo.

Nel loro complesso, gli elettori italiani non sembrano tra i più preoccupati dall’immigrazione. Nel dettaglio, il sondaggio ci descrive impensieriti soprattutto dalle turbolenze economiche globali (33%), cui seguono le conseguenze della crisi pandemica (19%) e i rischi connessi ai cambiamenti climatici (17%). Al quarto posto è l’immigrazione, con il 9% degli intervistati che ha scelto questa risposta alla domanda: “Quale dei seguenti temi ha cambiato maggiormente, nell’ultimo decennio, il suo modo di guardare al futuro?”. Sotto la media dei 12 Paesi intervistati che è del 15% e ben distante dai valori di Germania e Austria, 29 e 24%, ma anche da quelli della Francia, 19%. Quanto al confronto tra immigrazione ed emigrazione, tra i due è la seconda a preoccupare di più gli italiani, con il 27,1% di risposte contro il 24,8%. Mentre il 33,4% le considera a pari merito e l’8,4% non si dice preoccupato per nessuna delle due. L’analisi del think-tank ragiona anche delle politiche sull’immigrazione messe in campo da partiti europeisti, e dall’opportunità di “inseguire le destre” sul tema, anche in funzione della campagna elettorale per le europee. E mette in guardia i leader europeisti: “È possibile che alcuni partiti mainstream adottino posizioni più dure sull’immigrazione per evitare di perdere a favore dell’estrema destra la parte della propria base di elettori più preoccupata dall’immigrazione. Ma è anche improbabile che questo funzioni, dato che un’alta percentuale di elettori sospetta che il leader pro-europeo del proprio Paese voglia comunque aprirlo ai migranti e ai rifugiati: dal 54% per il Partito socialista in Portogallo al 38% per Emmanuel Macron in Francia”. E questo vale anche per gli altri principali leader europeisti nel loro Paese, da Olaf Scholz in Germania a Pedro Sanchez in Spagna, passando anche per la madrina del nuovo Patto su migranti e asilo, Ursula von der Leyen, con oltre il 40% degli elettori che la considera a favore dell’immigrazione. E fino alla segretaria del Pd, Elly Schlein, che il 46% degli intervistati italiani ritiene intenzionata a spalancare le porte agli immigrati.

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