La sindaca di Monfalcone Anna Maria Cisint ha scelto i giorni della fine del Ramadan per alzare i toni del suo scontro con la comunità islamica, che ancora non ha avuto la destinazione ufficiale di un luogo dove poter pregare, come disposto dal Consiglio di Stato con la sospensione dell’ordinanza con cui aveva chiuso due moschee cittadine. Impegnata nella campagna elettorale per le Europee di giugno, l’esponente leghista ha lanciato una proposta di legge per impedire che i Comuni debbano individuare aree di preghiera per i musulmani, ha lanciato accuse alla sinistra e ha chiesto un commissario ad acta per definire quali debbano essere i luoghi di culto per i fedeli dell’Islam. Intanto il mese del digiuno è arrivato alla conclusione e per consentire le preghiere collettive sarà necessario fare a turno in alcuni luoghi all’aperto.
La proposta di legge anti-moschee – Durante un incontro della Lega friulana, Cisint ha illustrato la proposta di legge mirata a liberare i Comuni dall’onere di individuare aree di culto alternative, se queste non sono previste dal piano regolatore. La sindaca, che nei mesi scorsi ha fatto chiudere due moschee ospitate in centri culturali, ha detto: “Le nostre ordinanze hanno portato al pronunciamento del Consiglio di Stato su due punti di principio fondamentali per ricondurre i centri islamici nei cardini della legalità. È stato stabilito che la preghiera, come esercizio collettivo, deve essere praticata rispettando la legge. Inoltre, un immobile carente dei requisiti urbanistico-edilizi o che si trovi fuori dalla relativa zonizzazione non può essere trasformato in moschea”. In realtà il Consiglio di Stato non si è espresso nel merito delle ordinanze (lo farà il 23 maggio), ma le ha sospese in via cautelare, affermando il diritto di ogni comunità religiosa di avere un luogo per pregare e imponendo al Comune di trovare un accordo con la comunità islamica. Cisint ha ribattuto: “Nessuno può imporre a un sindaco di fare scelte che contrastano con lo strumento urbanistico e fornire siti alternativi, magari dotati di servizi e comfort come ci è stato arrogantemente richiesto”.
“I Comuni non sono zerbini” – “Questa imposizione è irricevibile, i Comuni non sono zerbini” ha detto Cisint, consegnando al coordinatore regionale della Lega, il senatore Marco Dreosto, una proposta di legge composta di un solo articolo: “Fermo restando che spetta al Comune, all’interno del Piano regolatore generale, stabilire le zone destinate a ospitare edifici per il culto, esula dalla sua competenza l’individuazione o messa a disposizione, sia in via permanente che provvisoria, di siti alternativi da utilizzare per l’attività di preghiera collettiva”. È la risposta polemica al Consiglio di Stato, che aveva imposto un tavolo tra Comune e centri culturali. La sindaca si è limitata a scrivere alcune lettere e si è rivolta ai giudici amministrativi, chiedendo la nomina di un commissario ad acta per dirimere la questione. La sindaca ha annunciato l’intenzione di dimettersi se palazzo Spada dovesse dar torto alla sua linea.
Scontro con le opposizioni – All’attacco le opposizioni in Consiglio comunale. L’ex prima cittadina dem Silvia Altran ha postato la foto di un incontro con i rappresentanti musulmani, commentando: “Parlare ad un tavolo per evitare tensioni dannose. Al tempo stesso si possono risparmiare i soldi dei contribuenti inutilmente sprecati in spese legali”. Cisint infatti ha impegnato in tre mesi 54mila euro del bilancio comunale per i ricorsi. “Gli amministratori vengono pagati per trovare soluzioni,non per gettare benzina e poi gridare “Al fuoco!”, ha aggiunto Altran. L’ex candidata sindaca Cristiana Morsolin e il vice presidente del consiglio comunale Alessandro Saullo hanno rincarato: “L’ennesima politicizzazione è diventata ormai il centro gravitazionale della discesa in campo della candidata leghista. Ma alzare il tiro parlando nuovamente di “golpe” e ventilando che, se i giudici dovessero accogliere le posizioni della sua controparte, lei non si sentirà più rappresentata dalla fascia tricolore, non crea un clima di serenità e rispetto verso gli organi dello Stato incaricati di giudicare”.
Preghiera a turni – In attesa delle sentenze, la comunità islamica non ha raccolto la polemica, ma è limitata ad annunciare che il 10 aprile, per la fine del Ramadan, la preghiera si terrà in via Duca d’Aosta (sede del centro culturale Darus Salaam) in quattro turni, “esclusivamente all’aperto nel piazzale interno”, e in tre turni in via Primo Maggio, dove gli islamici sono proprietari di un edificio inagibile e di un grande piazzale, che il consiglio di Stato, sconfessando la sindaca, ha dichiarato agibile per il culto.