Sotto la spinta della magistratura cambiano la gestione e si rinnovano i vertici delle multinazionali della logistica, ma i problemi restano e si scaricano sui lavoratori. Parliamo di Brt, l’ex Bartolini, colosso posto in amministrazione giudiziaria il 27 marzo 2023 dal Tribunale di Milano, su richiesta del pm Paolo Storari dopo lunghe indagini dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo lombardo, con un sequestro di oltre 100 milioni per una serie di gravi irregolarità sfociate in enormi frodi fiscali e contributive, realizzate soprattutto – ma non solo – su un diffuso ricorso al caporalato.

A un anno di distanza, il 28 marzo scorso, è scaduta l’amministratore giudiziaria e la società è stata riconsegnata nelle mani dei nuovi manager nominati dal principale azionista, la francese Geopost che ne controlla il 74% e che il 12 ottobre 2023 ne aveva cambiato i vertici, nominando amministratrice delegata Stefania Pezzetti. Ma i cambiamenti interni fanno esplodere tensioni e proteste in tutta Italia.

Il decreto di commissariamento di Brt del marzo 2023 svela lo sfruttamento dei lavoratori sul quale si basava (ma in molte realtà si basa tuttora) il business della logistica in Italia. “Brt si avvale di imprese che non solo sono coinvolte in attività di caporalato ma che sono anche veri e propri serbatoi di personale, presentando notevolissime criticità fiscali”, scrivevano i giudici del tribunale di Milano. La società è stata accusata di aver usato finte cooperative per ottenere manodopera a prezzi più bassi, risparmiando sull’Iva e sfruttando i lavoratori. Il “sistema”, secondo le indagini, “ha consentito a Brt di risparmiare 100 milioni l’anno a detrimento dei lavoratori e dell’Erario”. Intanto negli anni il fatturato cresceva da 1,38 miliardi nel 2017 a 1,79 nel 2021, senza cali nemmeno durante la pandemia, mentre l’utile passava da 28,7 milioni nel 2017 a 35,4 nel 2021.

Il tutto a spese del Fisco e di oltre 26mila autisti delle consegne e quasi 5.200 “soci dipendenti” delle cooperative di facchinaggio, con enormi profitti (nell’ordine delle decine di milioni) per i vertici delle reti di caporalato, tra mazzette ad alcuni ex dirigenti della Brt che consentivano all’azienda di risparmiare 110 milioni l’anno sugli oneri del personale e sul Fisco.

Il 28 marzo l’amministrazione giudiziaria di Brt è terminata, ma non i problemi. La nuova dirigenza aziendale ha azzerato i vecchi appalti e cacciato i precedenti fornitori. Ma chi è stato escluso sostiene che non si è distinto tra fornitori non coinvolti nelle irregolarità fiscali e caporalato e scatole societarie colpevoli dello sfruttamento. Il tutto con scarso preavviso e nessuna risposta alle richieste di confronto. Così i lavoratori che perdono l’occupazione e i “padroncini” che rischiano di veder saltare le proprie aziende stanno scendendo in sciopero su tutto il territorio nazionale.

Il 23 dicembre Brt ha scritto ai dipendenti della filiale di Cedrasco (Sondrio) che martedì 2 gennaio sarebbe cambiato il fornitore e loro sarebbero rimasti senza lavoro. La stessa cosa è successa in Veneto, dove 60 lavoratori avevano già scioperato il 22 dicembre sostenuti da Filt Cgil. Il 20 febbraio è scattato lo sciopero di corrieri e dipendenti, sostenuti dal sindacato SiCobas, al polo logistico di Ferrara. Il 21 febbraio a Osimo (Ancona) 100 lavoratori, supportati da SiCobas, dopo il cambio dell’appalto hanno indetto uno sciopero con il blocco delle spedizioni chiedendo garanzie. Il primo marzo a scioperare sono stati una cinquantina di lavoratori dei poli logistici di Settimo Torinese e Orbassano: il sindacato rivendica il pagamento del Tfr e rifiuta il rimbalzo di responsabilità tra Brt, l’appaltatrice uscente Samag (che si è detta estranea) e le nuove aziende subentrate, Metra e Alba. Il 26 marzo 2024 a Lurate Caccivio (Como) sono scesi in sciopero 54 autisti supportati da Uil Trasporti. Il 5 aprile Si Cobas, Cgil, Cisl e Uil hanno indetto uno sciopero con rallentamenti nei porti di Livorno e Civitavecchia. SiCobas e AdlCobas hanno indetto uno sciopero il 6 aprile con un picchetto a Lavoria (Pisa).

Ma la situazione più incandescente è a Milano. Il 29 febbraio Brt ha comunicato a decine di aziende del trasporto di tutta la Lombardia il recesso unilaterale dall’appalto di distribuzione a partire dal 30 marzo. L’email spiegava che “nel corso degli ultimi mesi, anche sulla base delle indicazioni ricevute dall’amministrazione giudiziaria” la società ha “rafforzato verifiche e controlli sia nella fase della selezione dei fornitori che nella fase di esecuzione degli accordi contrattuali, secondo criteri che impongono a Brt di selezionare e mantenere solo fornitori compliant con i requisiti legislativi e contrattuali e in linea con il modello operativo” di Brt.

Le ditte cacciate però non ci stanno a essere messe in un solo mazzo con chi ha violato la legge. Dopo aver contattato infruttuosamente i magistrati, 86 tra società, ditte individuali e cooperative della Lombardia con 564 automezzi il 15 marzo 2024 hanno scritto all’amministratore giudiziario, a Brt, alla Procura di Milano, a Palazzo Chigi, al ministero dei Trasporti e alla Fedit, l’associazione dei trasportatori, precisando che a “nessuna delle aziende colpite dalla disdetta … è stato mai contestato nulla in merito al proprio operato”. Contestano a Brt il fatto che “molte delle aziende esercitano la propria attività unicamente per tale azienda” e che la disdetta pregiudica la loro sopravvivenza. Le aziende contestano “un processo di sostituzione a vantaggio di pochi eletti, di recente ingresso, ai quali sono state riconosciute tariffe assolutamente sproporzionate rispetto alle aziende esistenti a parità di prestazioni e kilometri percorsi (passando da 210 euro giornalieri a 300/330 alle nuove aziende)” con un “incomprensibile squilibrio tariffario tra diversi vettori”.

Ma non basta. Le aziende escluse scrivono che sarebbe ripresa la “transumanza” dei lavoratori, fenomeno indagato dalla Procura della Repubblica: “Circostanza gravissima, le nuove aziende stanno prendendo diretti contatti con gli autisti delle aziende uscenti, promettendo aumenti salariali ovviamente grazie alle nuove tariffe, così come contattano le stesse aziende uscenti per proporre l’acquisto dei mezzi a prezzi assolutamente fuori mercato”. Le aziende escluse hanno chiesto a Brt di sospendere la decisione ma non hanno avuto risposta dalla Brt. Così i corrieri esclusi sono in attesa delle autorizzazioni per sfilare con centinaia di furgoni per le vie di Milano il 23 aprile. Il Fatto ha contattato Brt, ponendo una serie di domande sulla procedura di selezione dei nuovi fornitori, sulle ragioni dell’esclusione dei vecchi fornitori e sulle regole seguite. Ma l’azienda si è limitata a riportare stralci del comunicato stampa emanato per l’uscita dall’amministrazione giudiziaria.

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Scandalo caporalato, le risposte evasive di Brt: il comunicato dell’azienda con la fine dell’amministrazione giudiziaria

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