Il primo e ultimo incontro era avvenuto due anni fa proprio a Torino, la stessa città dove ora l’ad di Stellantis Carlos Tavares torna a sedersi al tavolo con i sindacati. Grandi annunci in vista, dopo mesi di richieste inevase e strappi dell’azienda, proprio alla vigilia del primo sciopero unitario del settore auto piemontese negli ultimi 15 anni. Tutto è accaduto nel giro di appena 48 ore: lunedì è partita la convocazione e mercoledì mattina sarà il giorno del faccia a faccia. Al centro il modo in cui l’azienda ha intenzione di rilanciare la produzione a Mirafiori, l’ex impianto principe della Fiat ridottosi ad assemblare appena 12mila auto nel primo trimestre del 2024 e dove sono previste 1.560 uscite volontarie.
Così a due giorni da una manifestazione che si preannuncia imponente, le indiscrezioni sono univoche: l’ad di Stellantis comunicherà che la 500 ibrida verrà sfornata a Torino e ci sarà un “restyling” della 500 elettrica, provando ad avvicinare il target di 200mila vetture annue uscite dallo stabilimento. Inizio della produzione dei nuovi modelli? Non prima del 2026, probabilmente nel 2027. Un di là da venire che insospettisce i metalmeccanici. “Il timing è un evidente tentativo di depotenziare lo sciopero”, dice Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom-Cgil e responsabile del settore mobilità.
Dal 31 marzo 2022, ormai più di due anni fa, Tavares non aveva mai incontrato i rappresentanti dei lavoratori. Non ha presenziato nemmeno agli incontri del Tavolo auto voluto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nonostante sia solito partecipare ai vertici con il governo francese. Lo scorso anno la Fiom era andata a Poissy, il quartier generale di Stellantis, chiedendo a gran voce un incontro con il numero uno del gruppo franco-italiano. Tutto inutile. Ora, almeno, arriva una minima rassicurazione: il nuovo modello entrerebbe in produzione tra almeno un biennio, ma l’annuncio è ormai imminente e cade a ridosso dello sciopero della “Detroit italiana”, dove ancora 60mila persone – sparse in centinaia di aziende – lavorano nella filiera dell’auto, sempre più in sofferenza come dimostrano i casi della Lear e di Delgrosso, senza considerare i 32mila posti persi nel periodo 2008-2020 e la cassa integrazione galoppante proprio a Mirafiori.
“Se le indiscrezioni su un secondo modello da produrre a Mirafiori saranno confermate, è chiaro che non banalizzeremo l’annuncio. Ma non è sufficiente perché l’azienda dovrebbe anche dirci come arriveremo al 2026, viste le condizioni attuali”, sottolinea Lodi a Ilfattoquotidiano.it. “Senza dimenticare che i problemi non sono legati alla sola Mirafiori – aggiunge il sindacalista che sarà all’incontro insieme al segretario torinese Edi Lazzi – Aspettiamo risposte e garanzie anche sugli altri stabilimenti. Gli ricorderemo che il 6 dicembre è iniziato un tavolo al ministero delle Imprese e del Made in Italy ed è in sede governativa che bisogna firmare un accordo quadro. Gli imminenti annunci dovranno avere un seguito a Palazzo Chigi, come abbiamo più volte chiesto”.
La Uilm ricorda come Stellantis “ci aveva assicurato che non avrebbe chiuso stabilimenti in Italia, che non avrebbe ridotto il numero degli occupati e che ogni stabilimento avrebbe avuto una missione produttiva eliminando la cassa integrazione”, dice al Fatto.it il segretario generale Rocco Palombella che parteciperà al vertice con il numero uno di Stellantis. “A oggi però purtroppo registriamo esattamente il contrario – specifica – In tre anni ha cancellato 10mila posti di lavoro diretti e migliaia nell’indotto e nella componentistica, ha chiuso e venduto uffici e sedi storiche, ha ridotto la produzione in ogni stabilimento con migliaia di ore di cassa integrazione”.
Da qui lo scetticismo dei sindacati alla vigilia degli annunci dell’ad Tavares e il richiamo all’esecutivo: “Il governo continua a chiedere a Stellantis di produrre 1 milione di vetture all’anno, a fronte delle 500mila prodotte l’anno scorso. Come è possibile fissare un obiettivo così ambizioso con gli stabilimenti a marcia ridotta e con migliaia di lavoratori in cassa integrazione? E sull’elettrico cosa vogliono fare, marcia indietro?”, si chiede Palombella ricordando come gli incentivi annunciati da Urso a febbraio “forse li vedremo tra un mese ma non saranno la manna dal cielo per risolvere i problemi”, per i quali “servono progetti, investimenti concreti e serve la responsabilità di tutti, non solo a parole”. Risposte concrete, insomma: “O lo sciopero di venerdì sarà il primo passo verso altre mobilitazioni”.