Il Parlamento europeo ha definitivamente approvato il Patto migrazione e asilo, l’insieme di provvedimenti, nove tra regolamenti e direttive, che riforma complessivamente le regole dell’accoglienza dei migranti. Tutti gli atti legislativi che compongono il Patto hanno superato il test dell’Aula. All’approvazione dell’Eurocamera dovrà ora seguire l’ok definitivo del Consiglio Ue composto dai 27 Paesi membri e servirà la maggioranza qualificata degli Stati. La normativa avrà poi bisogno di ulteriori passaggi che la Commissione europea si è già detta pronta ad accelerare per agevolare il lavoro dei singoli governi, ma non sarà operativa prima del 2026. Ma l’ostacolo è stato superato, visto che il testo è frutto di un accordo tra Consiglio e Parlamento che ha visto prevalere la volontà dei governi. E che il voto di oggi, mercoledì 10 aprile, non era scontato, come ieri è stato detto dagli stessi relatori dei provvedimenti, perché ha risentito dell’accelerazione imposta dalla volontà di approvare il testo entro la fine della legislatura e dalle imminenti elezioni europee di giugno. Un appuntamento che ha pesato fino all’ultimo anche sul voto degli europarlamentari di Giorgia Meloni, che hanno decisamente smorzato i precedenti entusiasmi annunciando l’approvazione di “alcuni provvedimenti” in virtù dei “pochi passi nella giusta direzione” fatti da questa riforma. Parole che insieme al voto contrario dei leghisti di Matteo Salvini sconfessano il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che aveva negoziato il Patto in sede di Consiglio Ue rivendicandolo poi come un successo del governo italiano.

Durante la votazione non sono mancate le proteste di chi, anche fuori dal Parlamento, ha manifestato contro il Patto, aspramente criticato dalle organizzazioni umanitarie per le restrizioni sull’accesso alla protezione umanitaria e le procedure considerate lesive dei diritti fondamentali, tanto da spaccare i Socialisti europei: il Partito democratico, tra gli altri, ha confermato il suo voto contrario. Anche il Movimento 5 stelle ha bocciato in toto la riforma. Tuttavia sono passati anche i provvedimenti più controversi, i primi due finiti in votazione: la nuova procedura di asilo e la gestione delle crisi migratorie, che permette agli Stati membri di mettere in campo misure più severe in caso di crisi del flussi. Il regolamento crisi e stato approvato con 310 voti favorevoli, 272 contrari e 46 astensioni. Norme sempre osteggiate dai sovranisti e in particolare dall’Ungheria, indisponibile a qualunque meccanismo di solidarietà, che pure non impone alcuna ricollocazione dei migranti, ma tuttalpiù un generico sostegno ai Paesi più esposti. Anche per questo, nemmeno per la destra italiana di Meloni e Salvini si è trattato di una passeggiata. Prima del voto, Sovranisti e conservatori si sono uniti nella bocciatura: “Un Patto immigrazionista e nocivo per l’Europa”, hanno dichiarato in un punto stampa le delegazioni del Rassemblement National, dell’Fpo austriaco, che in Europa siedono nel gruppo ID e del PiS polacco e dello spagnolo Vox, che siedono invece nella famiglia dei conservatori di Ecr, dove peraltro sta anche Fratelli d’Italia che però si è defilato dal siparietto. E così la Lega, che pure aveva annunciato il voto contrario, poi confermato in aula dichiarando la riforma appena varata “deludente, che non risolve in alcun modo il problema dei flussi illegali e clandestini lasciando sola l’Italia, ancora una volta”.

Dunque un passaggio delicato per i rappresentanti della maggioranza di governo all’Eurocamera, tra le affinità della premier Giorgia Meloni con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e i rapporti con i sovranisti europei. Decisamente superati i toni trionfalistici all’indomani dell’accordo del 20 dicembre, quando Consiglio Ue e Parlamento avevano trovato la quadra. “Il Patto è un grande successo per l’Europa e per l’Italia che ora potrà contare su nuove regole per gestire i flussi migratori e contrastare i trafficanti di esseri umani”, aveva dichiarato il governo italiano col ministro Piantedosi che oggi viene “sconfessato proprio dalla Lega“, fa notare nel suo intervento in plenaria Tiziana Beghin, capodelegazione del M5s al Parlamento europeo. “Quello del partito di Salvini è un goffo tentativo di non sporcarsi le mani e di tenersi liberi di urlare alla luna in campagna elettorale, quando invece tutti sanno a chi appartiene la responsabilità politica di questo accordo europeo. Ancora una volta sulle tematiche europee la maggioranza esce spaccata e divisa: Forza Italia vota sì a tutti i provvedimenti, la Lega vota no, mentre Fratelli d’Italia ancora più confusa a volte vota sì a volte vota no, altre si astiene”. E infatti le dichiarazioni dei meloniani sono tiepide già prima del voto. “Migliorare la situazione attuale: questa è l’unica ragione per votare a favore di alcuni regolamenti di questo Patto. Pochi passi nella giusta direzione, pochi ma importanti”, ha detto oggi il co-presidente di Ecr, l’europarlamentare di FdI Nicola Procaccini prima della seduta. Un colpo al cerchio e uno alla botte, perché i dossier sul tavolo dell’Europa sono molti, a partire dai conti dell’Italia, e il colore del prossimo Parlamento Ue è tutto da vedere. Insomma, Meloni si allinea all’appello europeista della Commissione, che aveva avvertito: “Ora o mai più”. Cercando però di non indisporre gli alleati sovranisti.

Ma cosa porta a casa il governo italiano con questa riforma? Tra i provvedimenti più controversi per paesi di frontiera come il nostro, c’è la riforma del regolamento di Dublino, che non c’è stata. Rinominato “regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione”, ma non superato, come il governo italiano ha più volte annunciato. La normativa mantiene l’approccio attuale che pone la responsabilità principalmente sul paese di primo ingresso, allungando il periodo in cui l’onere rimane a carico di questi e con poche, limitate modifiche. Si introduce poi un meccanismo di solidarietà obbligatoria solo in situazioni eccezionali, senza alcuna ridistribuzione obbligatoria per le persone sbarcate dopo operazioni di salvataggio in mare. Per gli Stati solo un obbligo generico di sostenere i Paesi esposti come l’Italia, alla faccia di chi ha sempre preteso che tutti dovessero fare la loro parte. Nel Patto, dunque, la solidarietà europea è più a parole che nei fatti. A rammaricarsene ieri è stata anche la Caritas europea: “Mi dispiace che non sia stato cambiato perché è disfunzionale. È ora poi che l’Ue affronti la questione delle morti in mare sulla rotta del Mediterraneo, dove dal 2014 almeno 20.000 persone sono morte e i numeri aumentano giorno dopo giorno”, ha detto il presidente, monsignor Michel Landau. Il nuovo sistema approvato oggi mira piuttosto a prevenire l’ingresso nell’Ue e ad accelerare le procedure per l’esame delle domande di asilo, anche tramite l’uso esteso delle procedure di frontiera, anche per minori e famiglie. Il Parlamento europeo ha ceduto alle pressioni degli Stati membri su molte questioni, inclusa la limitazione dei diritti dei richiedenti asilo e l’espansione della banca dati Eurodac con dati biometrici aggiuntivi, ora obbligatori anche per i minori a partire dai sei anni.

Rimane la cosiddetta “dimensione esterna” sulla quale il governo Meloni ha ribadito di puntare. Tre dei relatori del Patto, compresa la centrista Fabiane Keller titolare del delicato regolamento procedure passato con appena 301 voti favorevoli, 269 contrari e 51 astensioni , ieri hanno preso le distanze dagli accordi tra Ue, Tunisia ed Egitto, ma anche da quello tra Italia e Albania sui centri per migranti che il nostro Paese gestirà dopo l’accordo con il premier albanese Edi Rama. “L’accordo tra l’Italia e Albania non rientra nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. Le nuove regole definiscono un Paese terzo sicuro sulla base di una relazione effettiva con il migrante” trasferito nel Paese in questione e “non ci sembra che questo sia il caso dell’accordo tra Italia e Albania. Le autorità ci hanno detto ben poco di questo accordo e la stessa Commissione ha detto che non ci sono ancora elementi scritti”, ha detto Keller. Della stessa opinione altri due relatori degli otto testi del patto, la liberale Sophie in’t Veld e Matiaz Nemec di S&d, secondo cui “nemmeno i patti stilati tra Ue e Tunisia ed Egitto non rientrano nel Patto. Sono Patti che abbiano contestato e che non tengono conto dei diritti umani” nei Paesi nordafricani. hanno aggiunto i due relatori. Per Meloni e soci un motivo in più per lasciarsi alle spalle i passati entusiasmi sul Patto e pensare invece a come riportare i migranti al centro della campagna elettorale senza poter vantare grandi risultati. Proprio alla vigilia del voto sono infatti usciti i dati sui rimpatri: nel 2023 le questure hanno adottato 28.983 provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale nei confronti di stranieri: solo 4.368 sono stati effettivamente rimpatriati. Dato perfettamente in linea con gli anni precedenti, a fronte dei 157mila sbarchi dell’anno scorso.

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