C’è un primo punto fermo e importante nelle notizie che arrivano sull’influenza aviaria da virus A/H5N1 che, nei giorni scorsi, negli Usa ha colpito una persona, in Texas, risultata positiva all’attuale ceppo H5n1. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), infatti, fa sapere con una nota che il paziente americano “potrebbe essere stato infettato direttamente dalle mucche ammalate” e non da uccelli infetti, come si è ritenuto in un primo momento. Le positività sono state riscontrate in diversi allevamenti in sei Stati. “Questa sembra essere la prima infezione umana da virus A/H5N1 acquisita dal contatto con un mammifero infetto“, continua l’Oms che tuttavia conferma la sua valutazione del rischio come bassa per la popolazione generale, mentre da bassa a moderata per le persone esposte professionalmente “perché il virus non ha acquisito mutazioni che facilitano la trasmissione tra gli esseri umani“.

Sulla questione anche i Centers for Disease Conrol and Prevention (Cdc) americani fanno sapere che il virus dell’influenza aviaria A/H5N1 che ha infettato l’uomo in Texas possieda una mutazione che indica l’adattamento del virus ai mammiferi. La scoperta, però, continua a non cambiare la valutazione sul livello del rischio che rimane comunque basso. Inoltre, l’agente patogeno è del tutto analogo a quello rilevato nei bovini da latte in Texas. Tuttavia, presenta una mutazione “associata all’adattamento dei mammiferi – continua il Cdc – perché migliora l’efficienza di replicazione nelle cellule dei mammiferi”. Mutazione che non è affatto una novità: è stata in precedenza identificata sia in altre persone che in mammiferi infettati. E non sembra influire nella capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo.

La situazione resta monitorata. A oggi, sono stati segnalati casi in bovini in 15 fattorie di sei stati americani: Idaho (1), Kansas (3), Michigan (1), New Mexico (2), Ohio (1) e Texas (7). Le autorità statunitensi fanno sapere di aver intensificato la sorveglianza e seguono attentamente i lavoratori che potrebbero essere entrati in contatto con animali infetti, mentre i risultati delle analisi sul virus sono state già condivise con la comunità scientifica. Nel frattempo il dipartimento dell’Agricoltura americano ha pubblicato Faq destinate al mondo degli allevatori. Obiettivo: invitare alla prudenza nella gestione degli animali, intensificando le misure di biosicurezza e limitando gli spostamenti. Tra i sintomi nel bestiame che dovrebbero far insospettire ci sono una diminuzione improvvisa della produzione del latte o cambiamenti nella sua densità, la diminuzione dell’alimentazione, anomalie nelle feci, letargia e febbre. Sintomi che si presentano maggiormente negli esemplari più anziani.

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