Armi, armi e ancora armi. È la litania del momento, ripetuta nelle cancellerie di mezzo mondo. I nuovi scenari geopolitici, si dice, impongono di ripensare, naturalmente verso l’alto, gli stanziamenti per la difesa. Sì, ma di quanto? Secondo un’analisi degli economisti Bloomberg, per i soli paesi del G7 (quindi inclusa l’Italia), una cifra di 10mila miliardi di dollari in dieci anni non è campata per aria. Rimane però astronomica, se si considera che la spesa globale annuale odierna è di 2.200 miliardi di dollari. Bloomberg ipotizza che la spesa possa tornare sui valori che si riscontravano in piena guerra fredda, ossia intorno al 4% del Pil. Il doppio rispetto a quanto chiesto dalla Nato ai suoi membri come obiettivo minimo. Oggi a spendere più del 4% è solo la Russia che destina ad armi ed esercito il 4,4% del suo prodotto interno. Seguono gli Usa con il 3,3% e poi la Corea del Sud (2,8%), la Gran Bretagna (2,6%) e l’Iran (2,2%). Francia e Germania sono all’1,6%. La Cina, seppur in forte crescita, si ferma all’1,3%. Meno dell’Italia (1,5%) e poco più della Spagna (1,2%). Naturalmente le cifre in valore assoluto definiscono una graduatoria differente. L’1,3% del Pil cinese, per intenderci, sono circa 200 miliardi di dollari, l’1,5% dell’Italia equivale a 30 miliardi.
Naturalmente, un impegno di questo tipo, si tradurrebbe in un sensibile aumento dei debiti pubblici, soprattutto per quei paesi in cui la spesa è oggi più bassa. Vale a dire Italia e Spagna. Nell’ipotesi di un aumento del budget fino al 2% del Pil, il debito italiano è stimato salire fino al 154% del Pil nei prossimi 10 anni. Nell’ipotesi estrema di un budget al 4%, il nostro debito sfiorerebbe il 180%. Anche gli Stati Uniti vedrebbero il loro debito salire ben al di sopra del 130%. Ma, all’improvviso, se si parla di armi, non sembra più essere un problema. “Non prevedo una crisi fiscale innescata da un’elevata spesa per la difesa”, dice a Bloomberg Simon Johnson del Massachusetts Institute of Technology, ex capo economista del Fondo monetario internazionale. “Ma mi preoccupa molto di più una crisi di sicurezza nazionale causata dalla mancata difesa del Paese”. Joe Biden sposa questa lettura. L’amministrazione americana si appresta a chiedere un aumento dell’1% per un budget militare che è già di gran lunga il più alto al mondo in valore assoluto. Matthew Kroenig del Consiglio Atlantico afferma che potrebbe essere necessario raddoppiarlo in percentuale del Pil, quindi arrivare ad un impressionante 6,6%. “Gli Stati Uniti non sono neanche lontanamente dove dovrebbero essere”, ha detto.
È celebre la frase di William Jennings Bryan, segretario di Stato degli Usa, che nel 1916 spiegò che si possono avere o burro o cannoni, difficilmente entrambe le cose. Fuor di metafora, significa che i soldi per le armi andranno trovati tagliando altre spese, magari ancora sanità ed assistenza, oppure alzando le tasse. Il che mentre diversi governi occidentali sono già alle prese con le difficoltà di far quadrare i conti rispettando alcuni vincoli di bilancio. Anche in questo caso, a meno di non “affamare” le popolazioni, sarebbe inevitabile un ricorso anche al debito. Secondo gli investitori l’opzione più allettante per i paesi europei sarebbe quella di emissioni di eurobond, garantiti congiuntamente come fatto per il piano di ripresa post-pandemia dell’UE. Una tale operazione avrebbe il vantaggio di un rating più alto e quindi interessi più bassi a carico dei paesi partecipanti.