“Purtroppo è esplosa una turbina” così il prefetto di Bologna ha commentato la nuova strage di lavoratori, nella centrale Enel del lago artificiale di Suviana, sull’Appenino. Tre lavoratori sono stati uccisi, cinque gravemente feriti, quattro dispersi che difficilmente verranno trovati vivi: un altro massacro. Da quando in qua le turbine elettriche, quelle che producono energia usando la forza dell’acqua contenuta dalle dighe, esplodono come se fossero sostanze instabili o bombe? Forse cento anni fa poteva esserci questo rischio, non con le tecnologie e la scienza di oggi.
Oramai le stragi di operai in Italia sembrano uscire dalle cronache di inizio Novecento.
A Brandizzo di Vercelli un treno travolge chi lavorava sulla linea ferroviaria. A Firenze il tetto di un supermercato in costruzione crolla e schiaccia i muratori. I macchinari industriali ingoiano le operaie e gli operai, i fili dell’alta tensione li fulminano, i ponteggi crollano. E ora le turbine elettriche esplodono.
Ricordatevi di questa strage immane, che sembra venire dal passato ed invece testimonia ferocemente del nostro presente. Ricordatevene quando imprenditori, economisti, politici e giornalisti esalteranno il progresso fondato su impresa, mercato, profitto. Ricordate che questo “progresso” ci ha portato a condizioni di lavoro di più di un secolo fa, quando le turbine esplodevano.
Tutti i lavoratori uccisi nelle ultime stragi erano dipendenti di aziende in appalto. Perché gli appalti e i subappalti oggi sono lo strumento legale dell’assassinio. La casa madre appalta e risparmia su tutto, poi in trincea verso la morte ci vanno persone che non hanno neppure il diritto di essere considerate dipendenti delle aziende per cui muoiono.
Trent’anni fa l’Enel era un’azienda di Stato che aveva 110.000 dipendenti, che facevano tutti i lavori più importanti compresi quelli pericolosi. Gli incidenti erano rarissimi, nessuno come quello di Suviana. Oggi l’Enel è una società quotata in borsa, di cui il governo si prepara a vendere quote per fare cassa, e opera nel libero mercato dell’energia, che tra poco darà i suoi catastrofici effetti sui costi delle bollette. I dipendenti sono poco più della metà di trent’anni fa e non perché al loro posto ci siano i robot, ma perché tanti lavori sono finiti nella catena infame di sfruttamento di appalti e subappalti.
Ora si svilupperà la sempre più insopportabile litania delle lacrime di coccodrillo del palazzo, con un governo che ha appena respinto la legge sugli omicidi sul lavoro, dichiarandola non necessaria, e criminalmente ha ancor più liberalizzato gli appalti. Con un sistema produttivo che si è abituato all’uccisione di millecinquecento persone all’anno, sacrificate nel nome del profitto, le parole di governanti e padroni oggi sono solo un insulto ai morti.
La tecnologia e la scienza ci sono, le leggi per colpire e prevenire l’attentato alla salute e alla vita di chi lavora ci potrebbero essere. Ma padroni e governanti non le vogliono, a loro va bene così. Solo quando dalle piazze si griderà ogni giorno assassini ai responsabili della strage, solo quando la condanna morale, politica e giuridica li colpirà come meritano, solo allora le cose cambieranno.