L’inflazione statunitense cresce più delle attese e allontana un taglio al costo del denaro americano. I prezzi al consumo sono saliti in marzo del 3,5%, contro previsioni di + 3,4% scommettevano su +3,4% e sopra il 3,2% di febbraio. Su base mensile l’aumento è stato dello 0,4%, oltre il +0,3% delle attese. L’indice core, al netto di cibo e energia, ha segnato un +3,8% su marzo 2023, anche in questo caso sopra le attese degli analisti, e un +0,4% su base mensile. Immediata la reazione dei mercati alla diffusione del dato e a prospettive più incerte su una riduzione dei tassi da parte della Federal Reserve (e forse della Bce). Negativi i futures che anticipano l’apertura di Wall Street.
Piazza Affari si è immediatamente appiattita sulla parità, Londra riduce i rialzi, mentre Parigi vira in negativo (-0,2%). Si impennano viceversa i rendimenti dei titoli di Stato (poiché il loro prezzo scende e i rendimenti si calcolano in percentuale al valore del titolo, ndr), con il Btp decennale che dal minimo del 3,68% sale fino a sfiorare il 3,8%.Un taglio dei tassi di interesse da parte della Fed in giugno sembra ormai definitivamente archiviato con il dato sull’inflazione. E anche luglio non è più dato per scontato. Gli analisti scommettono ora su al massimo due riduzioni del costo del denaro nel 2024 da un quarto di punto, per un totale dello 0,50%. I buoni dati sul mercato del lavoro a stelle e strisce diffusi venerdì scorso sono un altro elemento che può indurre la banca centrale a temporeggiare sui tassi non essendoci necessità di sostenere l’occupazione.