La proposta liberticida di Maria Elena Boschi stava facendo discutere da giorni, la qual cosa era preoccupante, perché è l’inerzia che governa il mondo, e dunque lanciata la palla di neve, essa — se nessuno si prende la briga di fermarla — diventa, come nei cartoni animati, un enorme macigno di ghiaccio capace di schiacciare tutto ciò che incontra. E così va a finire che quella che avrebbe dovuto essere liquidata come una grottesca boutade, piano piano ha rischiato di diventare una cosa quasi seria, ovvero adatta alla politica italiana. Non è un caso infatti che le cronache riportassero di incontri tra i meloniani e Boschi, pronti — non si capisce guadagnandoci cosa la seconda — a un accordo che infilasse dentro l’orrida nuova par condicio (come se le precedenti fossero edibili) la palla di neve boschiana del censimento dei giornalisti, da piazzare nelle trasmissioni televisive a seconda delle simpatie politiche.
La cosa più divertente è che MEB è esponente di punta (ma il partito è talmente a conduzione familiare che la cosa era inevitabile) di un movimento politico il cui leader è stato direttore editoriale di un giornale, Il Riformista (di proprietà peraltro di un imprenditore, Alfredo Romeo, legato alla vicenda Consip come il padre di Matteo Renzi, Tiziano, entrambi assolti in primo grado dalle accuse riguardanti quel caso) cosa che gli (al maggiorente del partito) ha permesso di essere contemporaneamente almeno due cose: parlamentare e direttore. Dunque di scegliere quando parlare come politico e quando come giornalista. Un bel vantaggio, anche per far fronte alle eventuali querele a cui Renzi dal canto suo ricorre con una certa temerarietà: non sia mai che qualcuno volesse intimidire la libera stampa chiedendo a Renzi parlamentare di rispondere delle parole di Renzi direttore.
Ma oltre al parlamentare-direttore, Renzi gioca anche un’altra parte in commedia: quella di consulente di Mohammad bin Salman, principe ereditario saudita riconosciuto responsabile — stando a un rapporto dell’intelligence Usa — della morte del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, rapito, ucciso e fatto a pezzi nel consolato saudita a Istanbul per ordine, dicono appunto gli Stati Uniti, proprio dell’amico saudita di Renzi.
Ora, non mi pare di dover spiegare come si inserisce tutto ciò nel dibattito sulle misure che Boschi avrebbe voluto contro i giornalisti a suo dire “schierati” politicamente: nel primo caso, ovvero la possibilità che un parlamentare si potesse presentare alternativamente come tale e come direttore di giornale, non c’è bisogno di dire quanto sia stato inopportuno il doppio ruolo; nel secondo caso, non solo è del tutto inopportuno essere parlamentari e guadagnare con consulenze per uno Stato straniero, ma è incredibile che si sia tentato da parte del movimento di Renzi di disciplinare il giornalismo italiano ‘vantando’ al contempo amicizie così imbarazzanti che avrebbero imposto, sul tema, un tombale (et pour cause) silenzio.
Aggiungo che questi conflitti di interesse, che rilevano su un piano etico-politico vista la carenza della legislazione italiana in materia, sembrano quasi aver ispirato la proposta di Meloni sulla par condicio, quella sì approvata: così come Renzi si veste della giubba che più gli aggrada, così il governo si permette di mettersi i paramenti istituzionali per sottrarsi alle regole sulla presenza in tv degli esponenti politici.
Ma poi, cosa avrebbe voluto farne, Boschi, di questa ‘schedatura’ dei giornalisti per simpatie politiche? Come avremmo potuto utilizzare informazioni sugli orientamenti politici dei giornalisti se fosse passata una proposta del genere, contraria allo spirito della Costituzione? Per fortuna non lo sapremo mai. In Italia, ma non so come si regolino dalle parti di bin Salman: un’idea ce l’ho.
Il punto semmai è un altro, ovvero che giornali e tv pullulano di commentatori (spesso non giornalisti professionisti) che sono a vario titolo legati alla vita dei partiti: consulenti, saggi, membri di comitati. Tutti costoro, senza alcuna schedatura ma per trasparenza nei confronti degli spettatori e dei lettori, dovrebbero essere indicati nel loro ruolo sia di (come spesso sono) intellettuali, che in quello di membri di organismi politici legati ai partiti.