È in libreria dal 10 aprile Siamo meridionali, un nuovo saggio di inchiesta sul Sud del nostro Paese destinato a far discutere, soprattutto per l’imponente mole di dati che porta a supporto delle sue tesi. Il suo autore, Marco Ascione, si può definire un “tecnico” della questione meridionale. Ha realizzato per l’Eurispes diverse ricerche sull’entità e la destinazione dei fondi per il Mezzogiorno, come quella sugli 840 miliardi di cui il Sud s’è visto privare in 17 anni. Esperto in dinamica delle popolazioni e in studio dei sistemi complessi, Ascione è stato anche interlocutore del Senato per l’uso dei fondi del PNRR. Un altro esperto di questione meridionale come il giornalista e scrittore Pino Aprile, che ha firmato qualche anno fa il bestseller Terroni, scrive così di questo libro e del suo autore: “Marco Ascione è un eccellente ricercatore, però troppo impermeabile al compromesso: se trova un dato interessante, non si chiede se conviene divulgarlo o no, lo pubblica e basta. Senza curarsi delle ripercussioni negative che potrebbe subirne”.
Per Ascione, all’origine dello Stato italiano unitario, c’è una sorta di “peccato originale”. Una metafora, ovviamente, per spiegare la difformità italiana: cioè “la costruzione di un Paese mostruoso, in ogni senso” come spiega Aprile nella sua Prefazione al libro “perché unito con una guerra non dichiarata, stragi negate, un saccheggio taciuto e la concentrazione degli investimenti pubblici in poche regioni al Nord e quasi mai al Sud”. Un Sud che, al di là dei luoghi comuni sul suo scarso contributo al gettito fiscale del Paese, “pur essendo la parte più trascurata e resa la più povera, paga il 25 per cento delle tasse che vanno a costituire il tesoro statale, ma vede solo il 19 per cento di quei soldi investiti nel Mezzogiorno”. Ilfattoquotidiano.it anticipa in esclusiva la Prefazione al volume di Pino Aprile.
L’ESTRATTO IN ANTEPRIMA ESCLUSIVA:
Questo libro, in modo sintetico, insegna molto su una faccenda, la Questione Meridionale, su cui si sono scritte milioni di pagine e quasi inutilmente, perché chi non sa crede di sapere già, ritenendo che non sia il caso di spendere tempo ed energie sul saputo; e chi sa, non agisce di conseguenza, perché professionalmente non rende occuparsi delle ragioni e dei diritti negati ai “meno”, mentre può essere molto più gratificante giustificare i privilegi e l’arroganza dei “più”, con le presunte colpe dei “meno”; ma non si agisce di conseguenza, quando si sa, anche perché si ritiene la Questione irrisolvibile, una causa persa, che può inutilmente portare all’isolamento, all’esclusione, senza speranza di risultato. Son due binari morti su cui vanno a morire i temi che, in un Paese appena appena serio, dovrebbero togliere il sonno alla classe dirigente: come mai, per fare solo un esempio, per aiutare famiglie in difficoltà, anziani, disabili, si spendono 583 euro pro capite a Bolzano e sei a Vibo Valentia? Come mai nella sola Lombardia ci sono più corse dei treni che in sette regioni del Sud messe insieme? E perché per l’assistenza a un disabile trentino si investono 15.141 euro all’anno e per uno calabrese 368 (sempre all’anno: quaranta volte meno)? E chi sa spiegare perché, per decisioni governative, le grandi navi del nuovo traffico commerciale mondiale in transito nel Mediterraneo devono passare davanti ai nostri porti del Sud (e a quello di Gioia Tauro, il migliore d’Italia, con i più alti fondali e le più vaste banchine di stoccaggio) e farsi qualche altro giorno di navigazione per raggiungere (e arricchire) solo quelli di Genova e Trieste?
Marco Ascione è un eccellente ricercatore, però troppo impermeabile al compromesso: se trova un dato interessante, non si chiede se “conviene” divulgarlo o no, lo pubblica e basta. Senza curarsi delle ripercussioni negative che potrebbe subirne. Marco aveva già pubblicato il suo ottimo Italós, sulle cause delle divisioni italiche dal tempo degli etruschi a oggi (già individuando, peraltro, le radici storiche ed economiche del divario Nord-Sud in Italia), quando divenne collaboratore di Eurispes, uno dei più importanti istituti di ricerca del nostro Paese, ove si resero conto subito del suo valore. Infatti, in brevissimo tempo, ad Ascione fu assegnato un incarico da far tremare i polsi: dare un conto, scientificamente corretto, delle cause e delle conseguenze, anche a lungo termine, dello squilibrio infrastrutturale, economico, sociale fra il Nord e il Sud dell’Italia. Il lavoro che ne venne fuori, sintesi degli studi di grandi intellettuali e degli approfondimenti di Marco, si impose subito all’attenzione del Paese e, caso raro della politica, al punto che l’autore venne invitato a esprimere in Senato la sua opinione sull’uso dei finanziamenti europei del Recovery Fund insieme ai trentadue soggetti più autorevoli d’Italia sull’argomento (come Confindustria, l’Eni, la Bocconi etc.).
Su quella strada, Ascione produsse altri contributi per l’Eurispes, sì che parve volesse, l’istituto, tenere una linea attiva su quei temi. Non fu così: poco dopo, senza apparente spiegazione, quella finestra si chiuse ed Eurispes si privò persino dell’apporto di un lavoro già chiesto e compiuto. Ed è quello la base di questo libro, che andrebbe letto prendendo coscienza delle conseguenti azioni che dovrebbero scaturirne, se oneste e incapaci di accettare discriminazioni a danno di chiunque.
Ascione ricorre alla metafora del peccato originale, per spiegare la difformità italiana, ovvero la costruzione di un Paese mostruoso, in ogni senso, perché unito con una guerra non dichiarata, stragi negate, un saccheggio taciuto e la concentrazione degli investimenti pubblici in poche regioni al Nord e quasi mai al Sud che, pur essendo la parte più trascurata del Paese e resa la più povera, paga il venticinque per cento delle tasse che vanno a costituire il tesoro statale, ma vede solo il diciannove per cento di quei soldi investiti nel Mezzogiorno, il che equivale al dirottamento, ogni anno, di circa sessanta miliardi di euro al Nord, ovvero: dai più poveri ai più ricchi (e sono dati di un ente di Stato: i Conti pubblici territoriali).
Questo squilibrio fu deciso e imposto da subito, a mano armata, all’ex Regno delle Due Sicilie, annesso a mano armata al Regno di Sardegna. E da allora, il criterio è rimasto intatto, scavando un divario che è il più duraturo e profondo, al mondo; vuol dire che solo qui ci sono disuguaglianze così gravi, fra cittadini e territori di uno stesso Paese. Queste situazioni sono conseguenza di scelte politiche, non è che “succedono”; o, peggio ancora sono dovute al fatto che “i meridionali” sono meno capaci, più ladri, sfaticati (ma appena arrivano al Nord, per istantanea mutazione genetica diventano così efficienti e onesti, che semmai volessero rubare potrebbero farlo solo alla grande, ovvero alla settentrionale: come all’Expo di Milano, al Mose di Venezia, alla tangentopoli milanese, agli appalti per l’alta velocità, alla Parmalat, agli appalti Hera, al San Raffaele, alla Banca Antonveneta, alla Banca Etruria, alla Banca Popolare di Vicenza, alla Veneto Banca, al Monte dei Paschi di Siena, alla TreNord eccetera eccetera).
Per quanto incredibile possa sembrare, questa “giustificazione” viene presa per buona e fatta propria, non solo al Nord, ma anche al Sud. Sociologia e psicologia spiegano questo fenomeno, che trasforma una conveniente cretinata in “fatto”, “verità”, tanto più immutabile, quanto più a lungo ripetuta e condivisa, sino a divenire un giudizio di condanna che non ha bisogno di dimostrazione: è così, “lo sanno tutti”. Si chiama pregiudizio, alberga senza colpa in persone di assoluta buona fede e viene coltivato da farabutti consapevoli (al Nord e al Sud) che lucrano sulle conseguenze. Ed è figlio di quel peccato originale di cui parla, e ci spiega, Ascione. Non sprecate questo buon libro con una attenzione insufficiente: non lo meritate voi, non lo merita il libro, non lo merita l’argomento. Buona lettura.