Via libera del Senato alla stretta sul sequestro di smartphone, pc e tablet nell’ambito delle indagini. Con 84 voti a favore, 18 contrari e 34 astenuti, l’Aula di palazzo Madama ha approvato il disegno di legge a firma Pierantonio Zanettin (Forza Italia) e Giulia Bongiorno (Lega), riscritto dal governo a febbraio tramite un emendamento del relatore, Sergio Rastrelli di Fratelli d’Italia. La norma centrale del testo è l’articolo 1, che inserisce nel codice di procedura penale (all’articolo 254-ter) una nuova e complessa disciplina del “sequestro di dispositivi e sistemi informatici o telematici”: in sintesi, se adesso il pm può acquisire il device ed estrarne i contenuti in autonomia – con un semplice decreto motivato – domani serviranno due successive autorizzazioni del gip, una per il sequestro e un’altra per l’estrazione, entrambe impugnabili al Riesame e poi in Cassazione. Nel mezzo ci sarà una sorta di udienza per la duplicazione dei contenuti, con la partecipazione di una pletora di avvocati e consulenti di parte. In sostanza, quindi, una procedura che adesso può completarsi in un solo giorno o in poche ore domani richiederà almeno una settimana.
Pd e Avs si astengono – Un aggravio che per Roberto Scarpinato, senatore M5s ed ex magistrato antimafia, ha il solo scopo di “imbrigliare le indagini sui colletti bianchi, schermandosi dietro tecnicismi incomprensibili ai più e dietro una maschera di garantismo”. A votare a favore tutto il centrodestra insieme a Italia viva e +Europa. Tra i banchi dell’opposzione ha votato contro il Movimento 5 stelle, mentre il Pd ha scelto di astenersi, come anche l’Alleanza Verdi Sinistra. “Poteva essere l’occasione per un lavoro comune, invece è stato fatto un pasticcio. Anziché cercare di colpire gli errori, i casi colposi o peggio dolosi di divulgazione indebita di dati, come doveroso, si cerca di colpire la magistratura. Siamo fiduciosi che un provvedimento così delicato possa e debba essere ancora migliorato nelle successive letture, nell’interesse dei cittadini e del nostro Paese”, ha detto in dichiarazione di voto il senatore Walter Verini. Il provvedimento ora dovrà essere approvato dalla Camera per diventare legge. Annunciando l’intervento contenuto nell’emendamento Rastrelli, il ministro della Giustizia Carlo Nordio se l’era presa con i suoi ex colleghi: “In un cellulare c’è una vita intera e questa non può essere messa nella mani di un pm che poi con una firma se ne impossessa e magari dopo non vigila abbastanza sulla sua divulgazione”, aveva detto (video).
Il provvedimento – Ma cosa prevede nel dettaglio la nuova disciplina? Per acquisire uno smartphone o un pc (o anche una memoria esterna, una pen drive o qualsiasi altro tipo di supporto informatico) il pm dovrà chiedere l’autorizzazione al gip, che dà l’ok solo quando è “necessario per la prosecuzione delle indagini, nel rispetto del criterio di proporzione”. In sostanza, solo se “ne vale la pena” rispetto al reato contestato: la postilla farà piacere a Matteo Renzi, che ha sempre lamentato una “sproporzione” tra i sequestri disposti dai pm di Firenze e le accuse a suo carico nel procedimento sulla fondazione Open. “Entro cinque giorni dal deposito del verbale di sequestro”, si legge poi, il magistrato inquirente deve fissare data, ora e luogo del “conferimento dell’incarico per la duplicazione del contenuto” del dispositivo, la cosiddetta clonazione o copia forense, avvisando una lunga serie di soggetti: l’indagato, ma anche “la persona alla quale le cose sono state sequestrate, quella che avrebbe diritto alla loro restituzione” e “la persona offesa dal reato”. Tutti possono partecipare alla clonazione – che deve tenersi entro dieci giorni dall’avviso – insieme ai loro avvocati e consulenti.
L’intervento di Scarpinato – In questo modo, ha avvertito in Aula il senatore Scarpinato (video) “se un pm dovrà sequestrare anche una sola ricevuta in formato digitale, dovrà attivare un procedimento incidentale che prevede l’obbligo della notifica da un minimo di 8 a un massimo di 16 persone, col pericolo che basta che soltanto una di queste notificazioni vada a vuoto perché occorra ricominciare da capo“. La norma, inoltre, prevede che nell’ambito della procedura ognuna delle parti coinvolte possa “formulare osservazioni e riserve”. Ma non è finita: una volta effettuata la copia, se il pm vuole sequestrare “dati inerenti a comunicazioni, conversazioni o corrispondenza informatica” (mail o chat), deve chiederlo di nuovo al gip, che autorizza solo quando l’acquisizione è “assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini”. Questa norma imporrà la discovery degli atti, cioè la rivelazione alla difesa delle carte in mano all’accusa, in fasi ancora delicate dell’indagine, quando il quadro probatorio non è ancora completo. Solo nei casi urgenti il pm continuerà a disporre in autonomia il sequestro del dispositivo, che dovrà essere convalidato entro 48 ore dal gip. Tutto il resto della trafila, però, non cambierà.