L’emergenza climatica su base antropica, sempre più evidente, si accompagna in modo consequenziale ad un’intensa contaminazione delle matrici biologiche anche umane. La contaminazione grave delle matrici umane è la base patogenetica di quel sempre più evidente e grave incremento di patologie cronico-degenerative, cancro incluso, soprattutto tra i più giovani.
Negli ultimi tre decenni in Campania abbiamo assistito – inermi, impotenti e soprattutto senza alcuna corretta informazione e tutela da parte dello Stato – ad una progressiva perdita di aspettativa di vita media, parallela e patogeneticamente correlata ad un incremento eccezionale non solo della produzione complessiva di rifiuti soprattutto industriali, ma al loro scorretto e illecito smaltimento locale, determinato dalla totale assenza di impianti di discarica finali a norma nei nostri territori.
La Regione Campania da oltre 30 anni non ha e non vuole avere discariche a norma intraregionali per i propri rifiuti, e quindi, a fronte di un eccezionale incremento di produzione dei rifiuti industriali, passati da 4 milioni di tonnellate/anno del 2009 a non meno di 9.1 mil/tonn del 2022, ha determinato la comparsa di non meno di 2746 discariche non a norma, in stragrande maggioranza nelle sole province di Napoli e Caserta: cosa che ha fatto ammalare sempre di più e in maniera sempre più grave non meno di 4 milioni di cittadini che ci vivono attorno come ormai da anni certifica sia dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS – Progetto Sentieri) che adesso anche la SIE (Società italiana di Epidemiologia- febbraio 2024) .
Una domanda mi venne spontanea nel lontanissimo 2007, quando mi resi conto di questa tragica situazione gestionale dei rifiuti industriali: quanto siamo “inquinati dentro” noi cittadini di Napoli e Caserta? Quante di queste sostanze e veleni industriali illecitamente smaltiti nei nostri territori mai bonificati e con i quali conviviamo ormai da oltre 30 anni sono entrati a fare danno alle nostre matrici biologiche? Era una domanda semplice ed ovvia che però oggi, con dolore infinito, mi rendo conto che è ancora totalmente disattesa dalle istituzioni responsabili regionali.
Quando nel giugno 2007 in Consiglio comunale ad Acerra numerosissimi “scienziati” di regime discutevano su come rassicurare la popolazione locale che doveva piegarsi alla inaugurazione del maxi inceneritore (attivato nel 2009 e pari a circa 6 inceneritori medi europei messi insieme in un solo impianto), fu garantito l’avvio di uno specifico progetto di biomonitoraggio tossicologico su diossine e pcb in quanto Acerra era già stata dichiarata colpita da disastro ambientale da diossine e pcb nel 2006.
Entro settembre 2007, con una provocazione per accelerare l’avvio dei biomonitoraggi promessi, a nostre spese, facemmo noi di Medici per l’ambiente biomonitoraggi individuali di diossine e pcb a un decina di cittadini di Acerra e Nola, compreso il sottoscritto. Queste analisi fatte a nostre spese sui pastori Cannavacciuolo furono utilizzate nel processo a carico di Cuono Pellini (discarica Lanza Schiavone Nola). In quel processo il giudice riconobbe il nesso di causalità tra contaminazione da pcb e morte delle pecore del pastore Vincenzo Cannavacciuolo.
Lo studio Sebiorec (Studio Epidemiologico Biomonitoraggio Regione Campania, ndr) fece oltre 700 prelievi tra Acerra ed altri comuni di Terra dei Fuochi. Le analisi di diossine e pcb non furono individuali ma “a pool” di dieci sieri – per risparmiare, nonostante la regione Campania avesse investito allo scopo non meno di 2.5 milioni di euro. Ovviamente, con esami “a pool di dieci sieri”, i risultati non furono significativi ma nonostante questo si appurò che “le tre aree risultano statisticamente differenti per quanto riguarda le concentrazioni di PCDD>PCDF” (Fonte: relazione Sebiorec 2010).
In merito alla contaminazione da Pbde (polibromodifelinileteri oggi patogeneticamente collegati anche alla esplosione di autismo nel mondo e ancora più in Terra dei Fuochi campana) rilevati nel latte delle donne esaminate, si legge nel doc: “Alcuni campioni pool mostrano una presenza rilevante di congeneri con elevato grado di bromurazione, poco presenti in altri pool. Invia preliminare, questa differenza è meritevole d’attenzione e potrebbe essere associata all’esistenza di sorgenti di decabromobifenili nelle aree di campionamento, con impatto sulla qualit!à ambientale e/o la produzione alimentare locale. Tali sorgenti potrebbero essere individuate nei luoghi con presenza di rifiuti”.
Quando la Prefettura certifica che sono diminuiti i roghi ma non gli sversamenti dei rifiuti, se ne deduce che per evitare i roghi da molti anni è incrementato lo sversamento di ritardanti di fiamma (PBDE) sul materiale in combustione da parte dei criminali ecomafiosi.
Ebbene nonostante lo stesso Sebiorec richiamasse la necessità e l’urgenza di approfondire i biomonitoraggi ambientali e umani sia per diossine e pcb, che per ritardanti di fiamma polibromodifenileteri (PBDE), non sono ancora stati pubblicati i risultati dello studio Spes avviato nel 2017. Anzi, risulta allo scrivente che i circa 700 prelievi eseguiti agli acerrani tra il 2009 e 2011 – che oggi sarebbe importantissimo ritornare ad analizzare individualmente anche per altri inquinanti ambientali come gli Pfoas (acidi perfluroalchilici – dei quali al momento non esiste una sola analisi in Campania nonostante Terra dei Fuochi sia il territorio dove sono stati smaltiti e dati alle fiamme centinaia di migliaia di frigoriferi spandendo nel suolo il loro contenuto di liquido refrigerante altamente tossico) – siano stati addirittura buttati e non conservati congelati per essere opportunamente rianalizzati.
Perché la Regione Campania ha investito in questi decenni decine di milioni di euro in totale per non avere nulla in termini di biomonitoraggi tossicologici individuali utilizzabili anche in giudizi penali come lo è stato per i pochissimi nostri? Spero che queste ed altre numerose domande ai responsabili possano partire presto dalla Procura di Nola o di Napoli sul disastro ambientale più grande e più negato di Italia.