Il Consiglio superiore della magistratura disapplica la Costituzione e già che c’è smentisce anche se stesso: ieri su sollecitazione dei laici (spediti a Palazzo dei Marescialli dal centrodestra e Italia Viva) è stata approvata una delibera che li esonera dall’obbligo di cancellarsi dall’albo degli avvocati facendo così salva la continuità delle posizioni previdenziali e contributive nonché la loro anzianità professionale. Eccellente notizia, ma solo per loro che potranno semplicemente sospendersi dall’albo. La notizia è infatti pessima per Palazzo dei Marescialli: c’è il rischio che gli ex membri laici bussino a soldi, tanti, a ristoro del danno subito dall’obbligo di cancellazione a loro invece imposto grazie a un’interpretazione precedente, a questo punto illegittima, delle stesse norme da parte dello Csm. Ma chi lo ha fatto notare è stato messo a cuccia oltre che in minoranza. Voci peraltro autorevolissime, come quella del Primo Presidente della Cassazione, Margherita Cassano, ritenuta la “vedetta” del presidente Sergio Mattarella: “Si tratta di una decisione delicatissima perché ha ricadute su una prassi costituzionale che si è formata fino ad oggi. Tra l’altro non possiamo dimenticare che le nostre decisioni possono avere ricadute sui giudici costituzionali che si cancellano immediatamente dall’albo” ha detto Cassano sottolineando anche il resto: “Può esserci un contezioso da parte dei precedenti componenti laici disdicevole per l’immagine del Csm oltre che oneroso. Di tutto abbiamo bisogno fuorché di questo”. Prima di lei aveva preso la parola per chiedere almeno di soprassedere sulla delibera onde poter svolgere un ulteriore approfondimento, anche il Procuratore generale della Cassazione, Luigi Salvato. Ma anche le sue parole erano cadute nel vuoto come quelle del professore Michele Papa (è una “pratica complessa e imbarazzante”) o dell’altro professore, laico anche lui, Roberto Romboli che non ha usato giri di parole: “Bisogna decidere se far prevalere i valori o gli interessi”. La risposta a fine giornata è stata chiara: delibera approvata. E pace per la Costituzione, il parere dell’Ufficio studi sulla stessa questione ma di segno opposto, risalente al 2015, fatto coriandoli e la quasi certezza di richieste di risarcimento salatissime da parte degli ex di lusso.

“Personalmente io mi posso dispiacere se gli avvocati hanno una perdita dalla cancellazione che posso arrivare anche a ritenere ingiusta. Ma non a costo di un’interpretazione della legge e della Costituzione a cui non credo” dice Romboli le cui parole hanno suscitato l’irritazione degli sponsor della delibera ossia i laici eletti in quota centrodestra allargato: Felice Giuffrè, Daniela Bianchini, Claudia Eccher, Rosanna Natoli, Ernesto Carbone, Isabella Bertolini e Enrico Aimi. Erano stati loro che praticamente appena eletti a Palazzo dei Marescialli, pur conoscendo le regole di ingaggio ossia la cancellazione dall’albo a fronte di un trattamento non proprio da morti di fame (il Csm, oltre a uno stipendio mensile da leccarsi i baffi, prevede per i consiglieri benefit di ogni genere, assicurazioni e corsi di lingue compresi, un assegno di fine mandato per il reinserimento nel mondo del lavoro, per tacere della possibilità di cumulare anche il vitalizio da ex parlamentari) avevano cominciato a mettere in discussione l’obbligo ritendendolo eccessivamente pregiudizievole sul piano degli effetti. Questi: “la cancellazione dall’albo comportando anche la necessaria cancellazione dalla Cassa Forense, seppure temporanea, costituisce situazione peculiare, che determina rilevanti pregiudizi in capo al professionista, non solo per l’interruzione del periodo di contribuzione (anche solo minima e su base volontaria), ma anche per la perdita definitiva di ogni beneficio di ordine assistenziale per gli avvocati, i quali, alla fine del mandato di Consiglieri del CSM, decidessero di reiscriversi”.

La delibera approvata sostituisce alla cancellazione la semplice sospensione dall’albo in base alla previsione contenuta nella legge del 2012 sulla professione forense che, nell’interpretazione della maggioranza del plenum, avrebbe nei fatti abrogato la legge precedente. Ossia quella del 1958 (che però riguarda lo status costituzionale dei membri del Csm) che impone la cancellazione dall’albo in attuazione all’articolo 104 della Costituzione (i consiglieri “non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali”). Ora il plenum guidato dall’avvocato Fabio Pinelli ha reinterpretato le norme e la Costituzione. E smentito lo stesso ufficio studi del Csm che nel 2015 aveva confermato l’obbligo di cancellazione.

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