Interrompere lo smantellamento del sistema sanitario pubblico, sgominare la precarizzazione del personale della scuola, investire in misure di tutela e interventi per l’emergenza climatica. Interventi urgenti e necessari, che si potrebbero finanziare introducendo un’imposta sui grandi patrimoni. Per rilanciare la raccolta firme europea a sostegno di una misura del genere Avaaz, WeMove Europe e Oxfam giovedì 11 aprile alle 12 hanno esposto un jet privato gonfiabile davanti al Parlamento europeo a Bruxelles durante una sessione plenaria. Armati di monete di cioccolata e cappelli da pilota, gli attivisti hanno tentato di far sentire ai parlamentari europei la propria voce con un flashmob partecipato e pacifico. Un gesto emblematico, con il jet come simbolo del privilegio di classe e dei danni ambientali causati dai super-ricchi.

L’imposta, se applicata nel contesto italiano allo 0,1% dei cittadini più ricchi (circa 50.000 individui), con patrimoni netti superiori a 5,4 milioni di euro, potrebbe generare entrate tra i 13,2 e i 15,7 miliardi all’anno. Più del 97% dei 6.407 cittadini che hanno partecipato al sondaggio La Grande Ricchezza del Fatto con Oxfam si sono detti a favore. Come quasi 7 europei su 10, secondo un recente sondaggio Ue. Tuttavia i governi europei sono restii a introdurre aliquote progressive sui grandi patrimoni e i più ricchi continuano a versare, in proporzione al reddito, imposte e contributi inferiori ai cittadini con redditi più modesti: in Italia il 5% degli italiani più ricchi gode di un’aliquota fiscale via via decrescente, con lo 0,1% più ricco degli italiani che paga un’aliquota fiscale inferiore rispetto al resto della popolazione nonostante abbia guadagni che superano i 500mila euro. “L’inazione dei governi si scontra con il supporto pubblico, trasversale all’elettorato, di cui godono le proposte di maggiore tassazione a carico dei più ricchi – dichiara Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia – La reticenza della politica stride con la posizione dei tanti cittadini stanchi di sentirsi ripetere che ‘non ci sono risorse’”.

Emergenza climatica – Insieme alle organizzazioni, ha partecipato anche un gruppo di attivisti per il clima. Tra i primati dei più ricchi, infatti, figura anche l’emissione di CO2: un cittadino UE collocato nel top-1% più ricco emette in media 14 volte più CO2 di chi appartiene al 50% più povero del continente. E nel 2019 l’1% più ricco per reddito della popolazione mondiale è stato responsabile di una quota di emissioni di CO2 pari a quella prodotta da 5 miliardi di persone, ossia due terzi dell’umanità. Detto in altri termini, quei 77 milioni di persone hanno inquinato quanto i due terzi più poveri di tutta l’umanità. Solo con le loro emissioni e gli effetti del conseguente riscaldamento globale, inoltre, saranno 1,3 milioni le vittime dei prossimi anni, secondo uno studio pubblicato a novembre 2023 sulla rivista scientifica Journal of the European Economic Association. Un collasso climatico aggravato dalle disuguaglianze, e che un’imposta sui grandi patrimoni potrebbe rallentare, contribuendo a supportare l’adattamento ai cambiamenti climatici e la transizione ecologica. Come spiegato da Francesco Petrelli, portavoce Oxfam, “i super-ricchi stanno saccheggiando e inquinando il pianeta e, di questo passo, finiranno per distruggerlo, lasciando l’umanità a fare i conti con ondate estreme di calore, inondazioni e siccità sempre più frequenti e devastanti”. Una responsabilità che ha effetti devastanti soprattutto nei paesi che presentano maggiori disparità economiche interne. Oxfam ha infatti analizzato gli impatti di 573 gravi inondazioni in 67 Paesi a reddito medio e alto: “Il bilancio delle vittime è sette volte più alto nei paesi con maggiori disuguaglianze”.

La raccolta firme europea – In Europa gli individui molto ricchi continuano a contribuire pochissimo ai bilanci pubblici, complici società holding che fanno da tramite per l’incasso dei dividendi e regimi fiscali preferenziali offerti da molti governi per attirarli nel proprio Paese. Così l’anno scorso economisti come Thomas Piketty, attivisti come Marlene Engelhorn di Millionaires For Humanity e la coalizione civica #TaxTheRich, di cui fanno parte la Campagna Sbilanciamoci, il think tank NENS e le associazioni Rosa Rossa e Tax Justice Italia, hanno lanciato l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) Tax the rich, promossa in Italia da Oxfam, Il fatto quotidiano e Radio Popolare. Finora sono state raccolte 160.228 firme, ma ne servono 1 milione con un numero minimo in almeno 7 paesi perché l’esecutivo Ue sia tenuto a prendere in considerazione la proposta, rispondendo formalmente ai proponenti. L’ICE è un istituto di democrazia partecipativa che permette ai cittadini dell’Unione di avere maggiore voce sulla definizione di politiche comunitarie. Introdotto dal Trattato di Lisbona, questo istituto permette di avanzare proposte per nuovi atti legislativi o modifiche ad atti giuridici europei (purché non di diritto primario, ovvero norme contenute nei Trattati dell’UE) che, in caso di raggiungimento del numero di firmatari richiesto, la Commissione Europea è tenuta a prendere in considerazione, replicando formalmente ai proponenti e decidendo se legiferare o meno sulla proposta avanzata. Tax the rich è stata lanciata ad ottobre 2023 ed è possibile partecipare fino ad ottobre 2024.

Quali partiti in Europa sono a favore – Le proposte di tassazione progressiva delle grandi ricchezze provocano spesso due obiezioni: il timore che impatti anche sulla classe media (che in verità avrebbe molto da guadagnare da un ridisegno complessivo del sistema fiscale) e la convinzione che sia impossibile superare le tecniche di evasione e riuscire a colpire i patrimoni collocati all’estero (un problema in parte risolvibile con l’introduzione di nuovi accordi internazionali in materia fiscale). Si tratta di due convincimenti difficili da eradicare e alimentati dalla stessa propaganda politica e mediatica.

A ottobre 2023 il Parlamento europeo aveva votato – bocciandolo – un emendamento di The Left al bilancio pluriennale della Ue che invitava “la Commissione e gli Stati membri a introdurre un’imposta patrimoniale europea che potrebbe generare oltre 200 miliardi di euro per le risorse proprie dell’Ue”. Tra i Socialisti europei circa un terzo del gruppo aveva votato a favore dell’emendamento, che aveva ottenuto il sì compatto di Verdi e Sinistra. A votare no erano stati i M5s, una parte del Pd, il Ppe, Renew, Conservatori e riformisti – il partito guidato dalla premier Giorgia Meloni – e il gruppo Identità e democrazia che comprende gli europarlamentari leghisti. Ma la generale opposizione dei partiti contrasta con le posizioni del loro stesso elettorato, come spiegato da Maslennikov. Sarà quindi “interessante osservare la posizione che il governo assumerà in ambito G20 di fronte alla proposta della presidenza di turno brasiliana di avviare un confronto sull’adozione di un’agenda internazionale per la tassazione degli ultraricchi“. Intanto il Partito socialista europeo – a cui aderiscono i dem – nel manifesto presentato in vista delle elezioni di giugno 2024 ha preso al punto 4 un “impegno per la giustizia fiscale” scrivendo che “le grandi aziende, i grandi inquinatori e i super ricchi devono pagare la loro giusta quota, in Europa e nel mondo, attraverso imposte efficaci sulle società, sugli extraprofitti, sui capitali, sulle transazioni finanziarie e a carico dei più ricchi”. Un proposito in linea con la campagna di Oxfam e dei cittadini europei, e che fa auspicare che qualcosa, anche a livello politico, si stia muovendo.

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