Inginocchiato a terra, sfinito da un viaggio durato 12 lunghi anni, Hanna Ya’qub si scioglie in un pianto, appena sua moglie lo riconosce e lo abbraccia. “Sei tu, Hanna?”. Bisogna partire dalla fine per raccontare il romanzo I drusi di Belgrado, edito da Crocetti editore e tradotto magistralmente da Elisabetta Bartuli – ormai diventata punto di riferimento nel piccolo mondo dell’editoria italiano. E’ infatti lei, Bartuli, ad aver tradotto e fatto conoscere al pubblico nostrano autori come Mahmud Darwish o Elias Khouri. Mentre in questo caso, a fare la sua comparsa è il romanzo di Rabee Jaber, prolifico autore libanese, che con questo romanzo si inoltra in una storia che parte da un evento sfortunato: trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Siamo a Beirut ed è il 1860. La guerra guerra civile sul Monte Libano è al suo apice. Drusi e cristiani maroniti si fronteggiano sui fronti opposti di un conflitto che segna l’inesorabile decadenza dell’impero ottomano che per secoli ha controllato quelle terre. Hanna Ya’qub, uomo semplice e cristiano devoto, si procaccia da vivere vendendo uova al porto. “Sali sulla nave con quei drusi e ti compro tutte le uova” gli propone un soldato. “Manca un prigioniero. Ma tu devi solo fare finta, dirò ai miei di farti scendere a Tripoli”. Così non accade. Comincia un viaggio fino ai Balcani, dove i prigionieri drusi sono mandati a scontare la pena. Prima Belgrado, poi il Montenegro. Hanna si ritrova con i suoi “nemici” in cella. Grida la sua innocenza. Ma non verrà ascoltato. E quegli uomini con una fede differente diventeranno i suoi compari di sventura. Perchè il dolore unisce e davanti alla morte ogni barriera cade.
Comincia un viaggio assurdo verso la libertà e dove la giustizia non avrà mai davvero posto. Questo è un libro prezioso. E Jaber, autore di 16 romanzi, ci conduce nella vita di un venditore di uova sfortunato con la delicatezza che solo i grandi autori hanno.