Come da attese, il direttivo della Banca centrale europea ha deciso di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento. Un primo taglio potrebbe arrivare a giugno, come da attese dei mercati. “Alcuni membri” del Consiglio direttivo “si sentivano sufficientemente sicuri” di cambiare il verso della politica monetaria già “sulla base dei pochi dati di aprile”, ha detto la presidente Christine Lagarde al termine della riunione, ma poi hanno concordato con la posizione di una “larga maggioranza” che si sentiva più sicura ad aspettare i dati a giugno. Le Borse Ue dopo la decisione hanno chiuso la seduta con lievi ribassi.

“Se la valutazione aggiornata del Consiglio direttivo in merito alle prospettive di inflazione, alla dinamica dell’inflazione di fondo e all’intensità della trasmissione della politica monetaria accrescesse ulteriormente la sua certezza che l’inflazione stia convergendo stabilmente verso l’obiettivo, sarebbe opportuno ridurre l’attuale livello di restrizione della politica monetaria”, conferma la nota ufficiale dell’Eurotower. “In ogni caso, per determinare livello e durata adeguati della restrizione, il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione, senza vincolarsi a un particolare percorso di riduzione”.

Per ora quasi tutti dati fanno ipotizzare che la strada sia segnata: “Le condizioni di finanziamento rimangono restrittive e i precedenti rialzi dei tassi di interesse continuano a incidere sulla domanda, contribuendo al calo dell’inflazione. Tuttavia le pressioni interne sui prezzi sono forti e mantengono elevata l’inflazione dei servizi”. Le misure dell’inflazione di fondo, quella a cui guarda il direttivo, “stanno perlopiù diminuendo, la crescita dei salari registra una graduale moderazione e le imprese stanno assorbendo parte dell’incremento del costo del lavoro con i loro profitti“, evitando così la tanto paventata spirale prezzi-salari.

In ogni caso, ha ricordato Lagarde, “Per determinare livello e durata adeguati della restrizione” il Consiglio direttivo “continuerà a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione, senza impegnarsi preventivamente a un particolare percorso di riduzione“.

Rispondendo ad una domanda sulla possibilità che l’apertura di una procedura di infrazione Ue – quella in cui entrerà l’Italia in autunno – possa impedire l’attivazione del Tpi, il cosiddetto scudo anti-spread della Bce, Lagarde ha precisato che quello è “uno dei quattro criteri che vengono valutati per determinare se un Paese è idoneo per il Tpi”. Ma “c’è una condizione alternativa che può essere presa in considerazione”: il Paese beneficiario deve non essere in procedura o in alternativa non “essere inadempiente nel prendere azioni efficaci in risposta alle raccomandazioni del Consiglio Ue”. Tradotto: se Roma ne avesse bisogno potrebbe ottenere il salvagente, a patto che il governo riduca il disavanzo primario come verrà indicato dopo le Europee.

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