Gioielli, denaro, olio, panettoni e offerte di assunzioni per corrompere una serie di funzionari pubblici di diversi Comuni siciliani per vincere gare, ottenere rimborsi, accelerare pratiche. Con queste accuse la procura di Palermo ha chiesto e ottenuto 12 misure cautelari, tra i quali 9 arresti (tre in carcere e sei ai domiciliari), per i vertici di una cooperativa e per alcuni amministratori e funzionari pubblici, tra i quali l’ex sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo – ex Udc, poi transitato nel Pd dal quale è uscito nel 2017 – e il capo dei vigili urbani di Agrigento. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione finalizzata alla corruzione, corruzione, turbata libertà degli incanti e istigazione alla corruzione.
In carcere sono finiti Giuseppe Gaglio, legale rappresentante e presidente del cda della cooperativa Nido d’Argento, Massimiliano Terzo, dipendente della coop, e Gaetano Di Giovanni dirigente del distretto socio sanitario di Agrigento e capo dei vigili urbano della Città dei Templi. I domiciliari sono stati disposti per Giuseppe Chiaramonte e Francesco Chiavello, dipendente ed ex dipendente della Nido D’Argento, per l’ex sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo, per Maria Pia Falco, istruttore direttivo al Comune di Marsala, e Aldo Raimondi, responsabile del settore Politiche Sociali e Culturali del Comune di S. Cataldo (Cl). Un sesto destinatario degli arresti domiciliari è ancora ricercato.
La sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio è stata invece notificata a Maria Rita Milazzo, dirigente del Comune di Balestrate, Michela Sclafani, funzionaria dell’ufficio direzione Politiche sociali della Città Metropolitana di Palermo, e Antonino Geraci, presidente della commissione aggiudicatrice nella gara per l’affidamento della gestione e realizzazione “Azione A Rafforzamento dei Servizi Sociali”. Il gip ha disposto il sequestro preventivo di oltre 50.000 euro, di alcuni gioielli e della stessa cooperativa, che ha un fatturato annuo di circa 13 milioni di euro e oltre 1.250 dipendenti.
Secondo l’ipotesi accusatoria, Gaglio – con la complicità di dipendenti fidati – aveva escogitato un piano accurato per vincere il maggior numero di appalti e assicurarsi puntualità dei pagamenti dei servizi sociali commissionati: il dirigente e i suoi, scrive il giudice per le indagini preliminari, individuavano il pubblico ufficiale da avvicinare “mediante un approccio reverenziale fino a irretirlo”. Anche il reperimento delle risorse necessarie per il pagamento delle tangenti era è affidato a meccanismi rodati, messi a punto dal presidente della coop e dai suoi uomini per evitare la tracciabilità delle operazioni illecite. “Abbiamo un amico in ogni posto”, diceva gli indagati intercettati.
I fondi neri da distribuire ai pubblici ufficiali per i loro servizi erano costituiti da soldi versati da Gaglio ai suoi stretti collaboratori con bonifici con causali fittizie, poi restituito in contanti, dalla riscossione in nero, tramite i referenti locali della cooperativa, dei proventi delle attività di consulenza effettuate, o dai ricavi delle numerose attività svolte dalla Nido D’Argento. La provvista veniva poi distribuita ai pubblici ufficiali corrotti. La sede della Nido D’Argento e le cooperative Medea e Antropos (gestite da Chiavello nonostante fossero intestate formalmente ad altri), costituivano le basi logistiche della presunta associazione e le sedi degli incontri tra Gaglio e i suoi e i dirigenti collusi.
L’accusa ipotizza che c’era chi, come Milazzo, indagata per corruzione e turbativa d’asta, dava indicazioni alla coop su come impostare l’offerta progettuale per aggiudicarsi la gestione dei centri estivi e in cambio otteneva l’assunzione della figlia e del nipote nella stessa coop. “Secondo te che attività si potrebbe proporre?”, chiedeva uno degli arrestati a Milazzo, per capire come vincere una gara. “Potresti fare attività di laboratorio… di pittura; di scrittura; la scuola prevista è l’Aldisio che c’è un grande giardino attorno se voi avete anche piscine esterne fargli fare giochi lì… secondo me queste attività voi potreste proporre…”, rispondeva lei. Ma i consigli della dirigente avevano un prezzo: “Ti volevo chiedere, ma c’è possibilità di lavorare per mia figlia?”. E Terzo: “Se noi riusciamo ad acchiapparne qualcuno sì, certo!..”. “Va be se c’è poi l’assegnazione… non ti preoccupare, dico, che in base alla disponibilità che ha lei, la facciamo… la inseriamo”.
Sclafani, funzionaria all’ufficio direzione politiche sociali della Città Metropolitana di Palermo, avrebbe invece velocizzato la liquidazione dei pagamenti che spettavano alla coop per i servizi socio-assistenziali svolti (tra cui quello del trasporto scolastico degli studenti con disabilità), e, riceveva, per il suo aiuto collane con smeraldi da 1.800 euro, profumi di marca, olio d’oliva, dolci e panettoni e l’assunzione di amici nella cooperativa. Geraci, presidente della commissione aggiudicatrice di una gara bandita del Comune di Gela, secondo gli inquirenti, faceva sì che a vincere fosse la Nido d’Argento, incassando come contropartita 2mila euro tramite l’ex sindaco di Partinico.
La lista dei favori ricevuti dalla coop in cambio di soldi e regali è lunga. Per gli inquirenti ad esempio anche il dirigente del distretto socio sanitario di Agrigento, Gaetano Di Giovanni, ora capo dei vigili, avrebbe favorito l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare socio-assistenziale per anziani non autosufficienti (per un totale di 204.051 euro) alla società Medea controllata da Gaglio e dei servizi socio-assistenziali nei comuni di Santa Elisabetta e di Agrigento (per un importo complessivo di 89.355) alla Nido D’Argento, in cambio di 7.500 euro in tre tranche. Per la procura, inoltre, Falco, funzionaria a Marsala, avrebbe preso soldi per far aggiudicare alla Nido D’Argento la gestione dei servizi socio assistenziali e che il responsabile del Settore Politiche Sociali e Culturali del Comune di S. Cataldo, Aldo Raimondi, avrebbe favorito la coop in cambio di oltre 10mila euro.