Con i sindacati e con le associazioni dei costruttori il governo si era impegnato a rafforzare le norme contro il lavoro nero negli appalti edilizi. Oggi, però, si è rimangiato la parola e ha dato parere sfavorevole proprio all’emendamento che avrebbe abbassato le soglie di punibilità rendendo più severe le sanzioni per chi utilizza imprese senza il cosiddetto Durc di congruità. Uno sgarbo alle parti sociali che erano state rassicurate meno di 48 ore prima, al tavolo del 10 aprile.
Ricapitolando: il decreto approvato dal Consiglio dei ministri poco dopo la strage all’Esselunga di Firenze ha introdotto una serie di novità in materia di sicurezza sul lavoro, tra le quali la patente a punti. In più ci sono le multe per chi utilizza imprese senza il documento di congruità. Provando un po’ a semplificare, si tratta di un attestato che certifica che, per esempio, se per un cantiere servono 20 lavoratori, la ditta ne impiegherà – in regola – altrettanti. Anche sulla base delle norme europee, è previsto che a essere punita in caso di violazione non sia solo l’impresa stessa ma pure, come detto, la stazione appaltante. Nel decreto approvato dal governo è previsto che la punibilità per il committente pubblico scatti per lavori di valore minimo pari a 150mila euro; per il committente privato, invece, solo da 500mila euro in su. Soglie molto generose, contestate sia dai sindacati sia dalla parte più sana del mondo delle imprese. Il governo, allora, ha promesso una stretta: nessun limite di costo per gli appalti pubblici e 70mila euro per quelli privati, ottenendo anche il consenso dei presenti al tavolo del 10 aprile.
Ma oggi, senza spiegazioni, è arrivato il parere sfavorevole a quell’emendamento. La partita non è persa, perché c’è ancora il passaggio in aula, ma l’episodio ha provocato malumore tra sindacati e associazioni, anche per una questione di metodo. Così facendo, dice il segretario Fillea Cgil Alessandro Genovesi, “si introduce di fatto una soglia di tolleranza a favore dei committenti pur in presenza di una violazione di norme volte a combattere il lavoro nero, lo sfruttamento e quindi evasione e infortuni”. “Nel metodo – aggiunge – se si svolgono degli incontri tra forze sociali, sindacati, imprese e il governo si prende poi degli impegni, questi vanno mantenuti, pena una totale perdita di credibilità da parte dell’esecutivo”.
Altri impegni, va aggiunto per completezza, sono stati rispettati: a partire da quello che introduce la parità di trattamento tra lavoratori anche nei subappalti, con l’utilizzo dei contratti collettivi comparativamente più rappresentativi. Alle richieste di allargare l’applicazione della patente a punti, il governo ha invece preso tempo rimandando tutto a un futuro decreto ministeriale. Che la maggioranza non fosse entusiasta all’idea di introdurre novità severe nei confronti delle imprese era chiaro già leggendo tutti gli emendamenti parlamentari che chiedevano di ammorbidire la patente a punti, dando più crediti alle grandi aziende e imponendo prassi più gravose per le decurtazioni.