Carcere fino a tre anni per chi diffonde informazioni provenienti da accessi abusivi a sistemi informatici. Multe fino a ventimila euro per i cronisti che pubblicano intercettazioni citate nelle ordinanze di custodia cautelare. Estensione del segreto investigativo anche agli atti già conosciuti dalle parti, stop all’uso dei trojan nelle indagini i per reati contro la pubblica amministrazione. Il falco Enrico Costa torna alla carica con una nuova sventagliata di emendamenti “garantisti”, ben 23, presentati al ddl sulla cybersicurezza in discussione nelle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera. “Ho scritto un po’ di emendamenti interessanti. Dalla pubblicazione di informazioni “rubate”, al trojan, alle ispezioni ministeriali, all’estensione del segreto istruttorio. Tutti temi cari a Nordio, almeno così credo. Come finirà?“, si chiede su X il deputato di Azione, già ispiratore di varie contestate misure approvate negli ultimi anni in tema di giustizia (dal decreto sulla presunzione d’innocenza al fascicolo per la valutazione del magistrato, dal ritorno della prescrizione dopo il primo grado al “bavaglio” alla stampa sulle ordinanze di arresto). In realtà anche stavolta le sue idee hanno ottime probabilità di essere accolte dalla maggioranza: in particolare gli emendamenti sugli accessi abusivi alle banche dati della pubblica amministrazione, elaborati sull’onda dello scandalo che ha coinvolto Pasquale Striano, il finanziere in servizio alla Procura nazionale antimafia accusato di dossieraggi illeciti su centinaia di soggetti.
Ho scritto un po’ di emendamenti interessanti al ddl cybersicurezza. Dalla pubblicazione di informazioni “rubate”, al trojan, alle ispezioni ministeriali, all’estensione del segreto istruttorio. Tutti temi cari a Nordio, almeno così credo. Come finirà?
— Enrico Costa (@Enrico__Costa) April 12, 2024
Vediamo le proposte. “Al fine di garantire un’adeguata tutela e protezione dai rischi di accesso abusivo ai dati contenuti in sistemi informatici di interesse pubblico”, si legge in uno degli emendamenti, l’accesso alle banche dati è consentito solo “previo utilizzo di specifici sistemi di autenticazione (…) basati sull’utilizzo combinato di almeno due differenti tecnologie, una delle quelli deve essere basata sull’elaborazione di caratteristiche biometriche” (cioè impronte digitali, riconoscimento facciale e simili). Se poi ad accedere non è un funzionario dell’ufficio, ma un “addetto tecnico” (cioè un “operatore tecnico avente funzioni di amministratori di sistema, di rete o di archivio di dati”) il suo accesso “è preventivamente riportato in un apposito registro (…), unitamente alle motivazioni che lo hanno determinato e a una descrizione sintetica delle operazioni svolte, anche mediante l’utilizzo di apparecchiature elettroniche”. Inoltre Costa vorrebbe introdurre un nuovo reato per punire con il carcere da sei mesi a tre anni i giornalisti, o chiunque altro, pubblichi “in tutto o in parte” informazioni acquisite tramite accessi abusivi, “conoscendone la provenienza illecita”, anche al di fuori dei casi di concorso del reato (come quello contestato ai tre cronisti del quotidiano Domani, accusati di istigazione nei confronti di Striano). Una norma che impedirebbe, ad esempio, di riportare sui giornali tutti i documenti segreti pubblicati da Wikileaks, la piattaforma fondata da Julian Assange. E che, se proposta in Aula, potrebbe essere approvata con il voto segreto, trattandosi di una previsione attinente alla libertà personale tutelata dalla Costituzione.
“Va bene non prevedere il carcere ai giornalisti per la diffamazione (come invece vorrebbe fare Fratelli d’Italia, ndr), ma “diritto di cronaca” non significa “immunità“. Chi pubblica informazioni che sa essere state “rubate” attraverso fatti di reato, tipo accessi abusivi ai sistemi informatici o intercettazioni abusive, va punito, perché questo non è diritto di cronaca”, rivendica Costa. La previsione di un reato apposito, spiega, “si è resa necessaria dopo la bizzarra posizione della Cassazione che invece ha considerato il diritto di cronaca come un’immunità anche di fronte a informazioni acquisite attraverso condotte delittuose”, negando quindi la sussistenza del delitto di ricettazione (la vicenda riguardava la pubblicazione, da parte di Libero, di alcune intercettazioni illegali realizzate da Esselunga ai danni di Coop). Gli emendamenti però non si limitano a questo aspetto: il deputato calendiano ripropone anche un suo vecchio pallino, l’abolizione della possibilità di usare il trojan (il captatore informatico che trasforma i telefoni in microspie) nelle indagini per i reati contro la pubblica amministrazione puniti con una pena non inferiore nel massimo a cinque anni, come la corruzione, la concussione, il peculato o l’induzione indebita. Si tratta di una facoltà introdotta dalla legge Spazzacorrotti dell’ex ministro della Giustizia M5s Alfonso Bonafede, che l’attuale Guardasigilli Carlo Nordio ha già detto di voler cancellare (e Forza Italia ci ha già provato con degli emendamenti): anche questa proposta, pertanto, ha ottime possibilità di passare se verrà dichiarata ammissibile.
Ancora in tema di informazione giudiziaria, poi, Costa vorrebbe moltiplicare le pene del reato di “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale”, che punisce chi riporta sui giornali “atti o documenti di cui sia vietata per legge la pubblicazione”. Attualmente la fattispecie è punita con un’ammenda da 51 a 258 euro, cornice che l’emendamento vorrebbe alzare da tremila a diecimila euro, e addirittura da diecimila a ventimila “se il fatto riguarda le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche”. La mossa è il completamento di un altro blitz firmato Costa, l’emendamento-bavaglio che ha delegato il governo a prevedere il divieto per i giornalisti di pubblicare letteralmente il testo delle ordinanze di arresto. Quando la delega sarà esercitata, quindi, quei provvedimenti – anche se non più soggetti a segreto – rientreranno nell’elenco di quelli “di cui è vietata per legge la pubblicazione”: pertanto un cronista che citerà tra virgolette un’intercettazione riportata in un’ordinanza rischierà fino a ventimila euro di multa. Non solo: un altro emendamento del deputato al ddl cybersicurezza vorrebbe estendere tout court il segreto a tutti gli atti fino al termine delle indagini preliminari, anche se conosciuti dalle parti. In quel caso diventerebbe vietato persino riportare il contenuto di un’ordinanza di custodia cautelare, anche senza citarla tra virgolette: in sostanza, fino al processo non si potrebbe più conoscere il motivo dell’arresto di un indagato.