Libri e Arte

Frank Stanford, un poeta del Sud (traduzione di Luca Dipierro)

Frank Stanford nasce Francis Gildart Smith il 1° agosto del 1948 a Richton, Mississippi. Figlio di una vedova, viene adottato dalla famiglia Stanford, ma scoprirà solo da adulto la propria condizione di figlio adottivo, cosa che gli provocherà una profonda lacerazione. Cresce negli accampamenti dei lavoratori afroamericani al servizio del padre lungo il fiume Mississippi, esperienza che fornirà un sostrato mitico alla sua poesia. Dopo aver frequentato la scuola superiore alla Subiaco Academy, un monastero di monaci benedettini, Stanford si iscrive alla University of Arkansas, senza mai terminare gli studi. Tra il 1971 e il 1977 pubblica sette raccolte di poesia, realizza un documentario sulla propria poesia e fonda una casa editrice con la poetessa C.D. Wright.

Il 3 giugno 1978, all’età di 29 anni, si toglie la vita sparandosi tre colpi di pistola al petto. Oltre a molte raccolte postume, lascia un fiume torrenziale di manoscritti inediti. Stanford è stato un poeta del Sud, erede di Faulkner, figlio del Mississippi come Twain, con cui condivideva il romanticismo del Fiume, ma è un Sud attraversato da strani echi, da richiami ad epiche lontane nel tempo e nello spazio, e al mondo liminale del sogno e dell’analogia.

L. D.

*I testi e l’introduzione qui proposti sono tratti da Acqua Segreta (Interno Poesia, 2024), con cura e traduzione di Luca Dipierro, riprodotti con il gentile permesso dell’editore.

***

Le navi notturne del passato

C’era sempre una grande oscurità

avanzava
come una foresta di frecce

Quante navi nel passato

le loro prue portavano donne
come i gambi reggono gli occhi

Le navi in fiamme

che spingevano i bompressi
tra le cosce dei sogni

Con l’orecchio al suolo
Ho sentito avvicinarsi le nere prue

che aravano la notte
nell’acqua

ecco si alza il vento
e annuso l’acre legno

lasciare una scia con cui voglio
essere lasciato solo

Notte dopo notte

come un coltello addormentato che tagli a fondo
nel ventre

arrivano le navi sepolcro

Trascendenza di Giano

Non dormo, ma vedo
un arto, le dita della morte, il fantasma
di un pittore anonimo
lasciare le impronte della morte
sul muro; le piume sgargianti
di soffici uccelli arruffarsi
nel bosco;
ossa di pesci e
le bianche schiene di strane donne;
il tuo respiro
come il lento tuono
sull’altra sponda di un fiume
mentre mi dormi accanto; vecchi
maestri di danza che piangono nei loro uffici;
rospi con i ventri calmi
come ragazze addormentate dentro palazzi, mentre sognano
di selle e si tirano le lenzuola
fra le gambe; lucciole
che vanno a dormire sui fiori dai semi di luna
intorno al gazebo di una piantagione all’alba;
una ragazza che suda nel suo letto; falchi
che attraversano la luna; i capelli di una donna,
il sapore della morte, che fluttua
nella nebbia come la bandiera
di una nave carica di fantasmi,
i fantasmi di soldati
alla ricerca delle tombe delle loro madri; scarabei
che ascoltano Leoncavallo;
cristo piangente a Coney Island,
inevitabile, come una piaga
nel culo di un pederasta; un vedovo
senza figli, un bidello in solitudine,
un verme al sole, i calzini polverosi
dei poeti, che hanno perduto i loro occhi, i loro

Acqua segreta

Una ragazza era sulla sua veranda in una sedia a rotelle
E le vespe ronzavano nella cornice

Si era appena lavata i capelli
Li pettinò dopo averli sciolti

Poteva vedere
Come potevo io

Quell’unica stella sotto la trave
Tremolare come un coltello nel torrente

La ragazza era esile
E mi faceva pensare

A musica che canti a sé stessa
Come qualcuno che riponga un dulcimer nella custodia

E se ne vada insieme a uno straniero
Per sdraiarsi e bere al buio

Le prue

stringo il coltello sott’acqua
passano le navi

L’angelo della morte

Un uomo venne lungo la strada.

Gli dissi di fare attenzione a dove camminava.
Mi chiese cosa facevo,
lì a dormire in mezzo alla strada.

Dissi che ero un orfano.
Vedi queste bretelle?
Tengono su i miei pantaloni.
Io dormo dove mi pare, dissi.
I miei cuscini vengono dai migliori galli.

La luna rientrò nella propria notte
Come un pesce gatto in un tronco.

L’uomo non aveva ombra.

Le mie scarpe si consumarono
Come mille anni passati nel deserto.

C’era un mucchio di neve nel mio cuore,
E dalle rotte montagne del Sud
Si alzò il fumo
Sanguinante ai bordi.

Io me ne vado, dissi all’uomo.

Sputò un osso di pesce a terra.
Si sfilò un guanto.
Lo posò sull’osso.

Io volevo solo darmela a gambe.

La luna brillava come un’esca su un amo nero.
Ed ecco un nuovo pesce
A boccheggiare sulla strada.

Togliti i pantaloni, disse l’uomo.
Aveva un uovo nella mano.

Qualunque cosa per l’angelo della morte.

Libertà, rivolta e amore

Li sorpresero.
Sedevano al tavolo della cucina.
Era presto.
Indossavano accappatoi.
Stavano bevendo caffè e sorridevano.
Lei aveva uno dei cigarillos di lui fra le dita.
Teneva le gambe ripiegate sotto di sé sulla sedia.
Li videro attraverso la finestra.
Lei pensò a loro due che uscivano dal bagno
E lui che la avvolgeva con un asciugamano.
Lui pensò a lei che si svegliava in un piccolo edificio bianco,
Pensò alle pietre che si assestavano nella terra.
Intanto quelli erano spariti.
Entrarono dalla porta sul retro.
Il gatto di lei scappò fuori.
La casa era vicino alla strada.
Non era contenta che il gatto fosse uscito.
Rimasero al tavolo.
Gli altri erano senza fiato.
L’uomo e la donna allungarono le braccia sul tavolo.
Avevano paura, sorrisero.
Gli altri si versarono il caffè rimasto
Bruciandosi la lingua.
L’uomo e la donna li guardarono.
Quelli non dissero niente.
L’uomo e la donna si avvicinarono l’uno all’altra,
Il tavolo circolare a dividerli.
Il fornello era ancora acceso e bruciò la caffettiera vuota.
Lei fece per alzarsi.
Uno di quelli le sparò.
Lei si piegò sopra il tavolo come una scolaretta che facesse i
compiti.
Pensò a quando era accanto a lui, mentre dormivano.
Presero le sue lunghe calze grigie
Le avvolsero intorno alla canna del fucile
E spararono all’uomo.
Cadde indietro nella sedia, tenendosi.
Lei gli disse che non le faceva troppo male,
Come in autunno quando ogni cosa che tocchi
Dà una scintilla.
Lui pensò a quando lei si alzava al buio
Avvolgendosi in una coperta
E restava sulla soglia.
Lei chiese agli uomini che non gli ferissero il viso
Se avessero sparato ancora.
Uno di quelli accese all’uomo una delle sue sigarette.
Lui pensò a come sarebbe stato
Essere ragazzini insieme.
Morì prima di finirla.
Lei chiese se poteva tirargliela fuori dalla bocca
Che non gli bruciasse le labbra.
Si sporse in avanti e gli toccò i capelli.
Pensò a lui che attraversava il buio cantando.
Morì allungata sul tavolo,
Mentre il fumo usciva dalla bocca dell’uomo.