Ecco l'anticipazione del nuovo numero del mensile diretto da Peter Gomez, in uscita sabato 13 aprile, proprio mentre Torino scende in piazza a difesa di Mirafiori e Stellantis detta le condizioni per investire in Italia. Una serie di inchieste e approfondimenti racconta i nodi più controversi della storia della grande azienda automobilistica e della "Royal Family" che l'ha gestita per oltre un secolo
Proprio mentre le dichiarazioni – o minacce, secondo qualcuno – di Carlos Tavares riaccendono le polemiche sul futuro di Stellantis in Italia, e a Torino scendono in piazza in 12 mila per il futuro di Mirafiori, esce in edicola “il libro nero della Fiat”. Lo propone il mensile FQ MillenniuM, diretto da Peter Gomez, in uscita sabato 13 aprile.
Con inchieste e approfondimenti, il mensile racconta i nodi più controversi della storia della grande azienda automobilistica, a partire dalla fondazione, nel 1899 a Torino. E ripercorre le vicende di quella che è stata la vera “Royal Family” italiana, con i suoi intrighi, le sue tragedie, le tormentate successioni dinastiche, i lussi e gli scandali. Fino all’indagine sull’eredità di Gianni Agnelli, contesa fra la figlia dell’Avvocato e i suoi stessi figli, ma anche un po’ da noi tutti cittadini di questo Paese, se dovessero risultare provati artifici per farla sfuggire al fisco italiano.
Prima storia, raccontata da Ettore Boffano: il vero artefice della Fabbrica Italiana Automobili Torino non fu Giovanni Agnelli, il nonno dell’Avvocato, ma Emanuele Cacherano di Bricherasio, detto il “conte rosso” per le sue simpatie socialiste. La sua morte improvvisa, in un castello sabaudo, resta ancora oggi un giallo. Dopo battaglie legali e processi penali che spaccano gli azionisti, sarà appunto Agnelli a prendere le redini dell’azienda e a “trasmetterla” per via ereditaria fino ai giorni nostri.
FQ MillenniuM racconta poi il patto fra Agnelli e Mussolini, di cui scrive Roberto Casalini, e di come poi alcuni fascisti furono assunti per sovraintendere alla sicurezza aziendale. A partire, nel 1941, dall’ex maggiore dei carabinieri Roberto Navale, che poi sarà condannato come mandante dell’omicidio dei fratelli antifascisti Nello e Carlo Rosselli, avvenuto in Francia nel 1937. Ma sarà poi assolto in un nuovo, contestato procedimento penale. Così come nel Dopoguerra appartenenti a Gladio saranno individuati in aziende del gruppo.
A garantire per Navale, e persino per il suo “antifascismo” dopo la caduta di Mussolini, è Vittorio Valletta, il manager che fa grande la Fiat e la deposita nelle mani di Gianni Agnelli, l’Avvocato, nel 1966. Cinque anni dopo, nel 1971 un giovane magistrato di nome Raffaele Guariniello “viola” con una perquisizione il santuario di Corso Marconi e scova 350 mila schede segrete che “dossieravano” operai, sindacalisti, politici, giornalisti. Al processo, le numerose condanne furono poi falciate dalla prescrizione.
Il “libro nero” ci porta fino a Tangentopoli. Nelle inchieste sulla corruzione dei primi anni Novanta, scrive Massimo Novelli, emerse non solo che la Fiat pagava tangenti ai partiti di governo della Prima Repubblica, ma anche il pizzo al clan Santapaola per evitare attentati contro i punti vendita Sigros, rilevati dalla Rinascente, allora parte del gruppo. Su questo filone non ci fu alcun processo, anche perché nel frattempo era deceduto Vittorio Tramontano, l’amministratore delegato del gruppo Rinascente che aveva raccontata la vicenda ai magistrati di Catania.
Si arriva così al graduale disimpegno di Stellantis da Torino e dall’Italia, raccontato in prima persona dal sindacalista Giorgio Airaudo. Mentre Giovanni Valentini, già direttore dell’Espresso, rivela diversi retroscena degli Agnelli come editori, dall’Avvocato a John Elkann. Altro tema tornato di stretta attualità con il recente caso delle 100 mila copie di Affari e Finanza mandate al macero dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari. Non manca la politica. Caso più unico che raro, racconta Salvatore Cannavò, la Royal Family ha fornito alla Repubblica parlamentari e ministri. Perché, come ricordava spesso l’Avvocato, “quel che va bene alla Fiat va bene all’Italia”.