Per anni, Carmelo Patti ex patron della Valtur, era stato indicato, dai magistrati, come uno dei prestanome di Matteo Messina Denaro. Oggi, la Corte di Appello di Palermo – sezione misure di prevenzione – ha annullato il decreto del Tribunale che, nel luglio 2018, aveva disposto la confisca dei beni di Patti, deceduto nel 2016.

“Prendendo in considerazione il materiale probatorio – recita la sentenza – complessivamente raccolto sia nel corso del primo grado che nel grado di appello deve escludersi che siano emersi concreti sintomi della pericolosità sociale del proposto, essendo rimasta dimostrata una vicinanza a soggetti, a loro volta vicini all’associazione mafiosa, in assenza di concreti elementi indiziari relativi a una cointeressenza di esponenti mafiosi nelle attività imprenditoriali di Patti”.

Secondo i legali la Corte ha escluso che l’ex patron della Valtur abbia avuto, nel corso della sua attività, rapporti di “vicinanza” con ambienti mafiosi. Inoltre, si è anche escluso che Patti abbia costruito il suo impero con metodi illeciti “restituendogli, seppur post mortem – dicono gli avvocati – quell’onorabilità ingiustamente macchiata nel corso dei 13 anni di processo di prevenzione”.

Le parti dell’imprenditore erano sostenute dagli avvocati Francesco Bertorotta, Roberto Tricoli, Raffaele Bonsignore, Angelo Mangione, Marco Antonio Dal Ben e Giuseppe Carteni. “Il tempo è galantuomo – dicono gli avvocati – restano, però, i segni di una aggressione mediatica ingiustamente subita dal cavaliere Patti che è stato indicato al pubblico di molte trasmissioni televisive e dalla stampa nazionale come un imprenditore ‘vicinò al contesto mafioso di Castelvetrano”.

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