Ad Agrigento riprendono le file dei cittadini alle fontane. Già ad aprile è stato avviato il razionamento dell’acqua e nelle case della provincia siciliana più colpita dalla siccità i cittadini ricevono il bene primario appena una volta a settimana. Aica, la società che gestisce la distribuzione idrica nella provincia, ha già cominciato un razionamento nei comuni, con una riduzione che va dal 15% al 45% rispetto alla “normalità” che comunque non ha mai previsto l’acqua corrente.
Tra quelli che aspettano i turni idrici a singhiozzo ci sono anche gli abitanti di Porto Empedocle che, dalle loro finestre, vedono quel grande impianto che ormai cade a pezzi. È il dissalatore che si affaccia sul mar Mediterraneo: un impianto che è stato in funzione per appena 5 anni con un investimento di 11 milioni di euro, tra costruzione della struttura e avvio, che però non è riuscito a soddisfare le aspettative di chi lo gestiva.
Cambiato il governo regionale – passato da Totò Cuffaro (che nel 2005 aveva previsto l’opera) a Raffaele Lombardo – il dissalatore, che riusciva a fornire 3 milioni di metri cubi di acqua l’anno, è stato chiuso a causa degli alti costi di gestione. Dopo più di dieci anni il nuovo governo regionale, oggi guidato da Renato Schifani, dopo aver dichiarato lo stato di calamità naturale – per una estate che si prospetta difficile per i siciliani (con i turisti che disdicono le prenotazioni perché molti hotel rimangono senza acqua) – ha pensato di riaprire il dissalatore costruito nella Vigata di Camilleri.
L’opera, che negli anni non è riuscita neanche ad ammortizzare i costi di costruzione, adesso si trova però in pessimo stato. La struttura è abbandonata e vandalizzata: per riaprire l’impianto e rimetterlo in sesto occorrono adesso diversi milioni di euro. Secondo la Regione la struttura potrebbe essere riattivata in 5 mesi, ma con costi molto alti.
In piena emergenza, si aggiunge anche lo stato degli impianti e delle dighe: oltre al caso del dissalatore, infatti, oggi le dighe siciliane sono piene di fango e detriti a causa della poca manutenzione, riuscendo così ad accogliere molta meno acqua di quella necessaria per soddisfare il fabbisogno degli agricoltori, che soffrono più di altri lo stato di crisi. Altra nota dolente è la rete idrica colabrodo: mentre l’acqua viene razionata per i cittadini, il pessimo stato delle condutture fa disperdere almeno il 50% dell’acqua che dovrebbe arrivare nelle case dei siciliani.