Cinema

Gloria! Inconsistente film in costume sulla ribellione femminile (ma con buona musica)

di F. Q.
Gloria! Inconsistente film in costume sulla ribellione femminile (ma con buona musica)

Gli ultimi cinque dieci minuti di Gloria! con un opportuno taglia e cuci di montaggio sarebbero un divertente e colorato videoclip dalla melodia orecchiabile. Elio (e le storie tese) imparruccato che certifica la buona musica facendo “si, si” con la testa. I bambinetti che nella loro pura innocenza battono le manine a tempo del canto di ribellione delle protagoniste musiciste ingabbiate simbolicamente in un altare. Le guardie svizzere che portano via l’istitutore basso e cattivo. La nobiltà illuminata (e gay) che plaude al solluchero artistico, ecc…ecc… Presa e vista, invece, sull’ora e quaranta l’opera prima della cantante (e brava attrice con Pappi Corsicato) Margherita Vicario mostra tutta la sua ingenua inconsistenza stilistica reclinata verso la rincorsa degli stilemi da cinema d’autore (in costume) all’europea e l’impellente messaggio politico da comunicare.

Nella campagna veneziana di fine Settecento in un istituto musicale di orfanelle cresciutelle (sono tutte sui vent’anni o poco più) regna l’irascibile istitutore e scarso compositore Perlina (Paolo Rossi). L’imminente arrivo di Papa Pio VII mette in subbuglio la piccola nobiltà del luogo che chiede a Perlina un componimento papale ad hoc da far eseguire alle vessate e snobbate musiciste del collegio. Perlina fa arrivare nottetempo uno dei primi pianoforti della storia della musica, lo nasconde in cantina, ma essendo uno squallido pusillanime è totalmente incapace di comporre alcunché. Ci penserà Teresa (Galatea Bellugi), la giovanissima domestica muta dell’istituto a scoprire il piano e la sua naturale dote di suonarlo come fosse Dolcenera o Lady Gaga. Alle fughe notturne di Teresa in cantina per suonare si aggiunge un quartetto di collegiali tra cui la più tradizionale violinista e pianista Lucia (Carlotta Gamba) e la violoncellista Bettina (la Veronica Lucchesi de La rappresentante di lista).

Inevitabilmente, ma con grande fatica di scrittura, compattamento delle sottotrame e ricomposizione di uno sguardo di regia, la situazione rotolerà fino ad un finale in cui l’innesto della individualità creativa femminile, qui in chiave di moderno canone compositivo, prenderà il sopravvento dentro ad una chiesa addobbata a festa e in presenza del papa. Basculante tra l’ancora voluta dell’ambientazione storica e la necessità di far esplodere l’anelito ribelle senza fare, sia creativamente che produttivamente, troppo baccano (stacchi da musical, sequenze oniriche o surreali) Gloria! carbura con affanno primordiale per un’ora e venti tra vacui campi e controcampi a due, soggettive sbirciatine sghembe dalle sbarre delle finestre e sempiterni dettagli sulle dita che pigiano i tasti del pianoforte. L’effetto generale è quello di un gioviale ritrovo tra brave musiciste che si ritrovano ad indossare abiti sgualciti del ‘700 e ad abbozzare sorrisi, sguardi, lacrime.

Certo l’intento nobile e necessario è quello di mostrare che nella storia tante sconosciute donne che hanno composto, suonato, studiato musica dietro le quinte dei grandi nomi maschili della storia, ma l’effetto è quello di una dimensione politica tra salone del parrucchiere e corteo dell’8 marzo. Gloria! è sì da ascrivere nel filone cortellesiano da messaggio femminil-femminista, ma ha più debiti con i puntini di sospensione delle All Star indossate da Maria Antonietta nel film di Sofia Coppola e gli irregolari innesti punk tra le barricate della Comune di Parigi in Miss Marx della Nicchiarelli. Salta infine all’occhio lo spirito di ribellione femminile del contemporaneo che, come molto spirito di ribellione maschile altrettanto contemporaneo, si rimpicciolisce tutto attorno alle proprie copertine di Linus (il brano musicale perfetto e non compreso, il romanzo del secolo rinchiuso nel cassetto, le capacità da geni del disegno e del fumetto passate inosservate, ecc..) che più di un senso cattivo e distruttivo alla If… rispetto alle angherie del sistema dominante (qui patriarcale), mostrano l’anima implorante verso i giudici per la promozione alla finale di X-Factor.

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