Flavio Roda, grande capo dello sci italiano, ha saltato l’ennesimo paletto per rimanere alla guida della Federazione: persino il Tar del Lazio gli ha dato ragione sostenendo che la famosa legge sul limite dei mandati nel mondo dello sport sia sempre stata carta straccia, anche quando era in vigore. Siamo quasi all’ultima pagina (c’è ancora il Consiglio di Stato) della rocambolesca storia della rielezione di Roda al vertice della Fisi. Nel 2022 il presidente, in carica dal 2012, aveva deciso di ricandidarsi per la quarta volta nonostante il tetto a tre, grazie a un cavillo infilato sapientemente all’interno dei regolamenti federali con la complicità o negligenza (questo non si è mai capito) del Coni: la Fisi aveva stabilito che i quadrienni dovevano essere “interi”. Avendo Roda ricoperto la carica per tre volte ma solo due complete, visto che nel primo era subentrato a metà quadriennio, sosteneva di non aver ancora superato il limite e quindi di essere ricandidabile. Nonostante la contrarietà del governo (all’epoca la sottosegretaria Vezzali aveva parlato di “atto violativo del principio democratico”), la sua candidatura aveva resistito alla giustizia federale ed era risultata vincente: a ottobre 2022 l’assemblea lo aveva trionfalmente rieletto. E poco dopo anche il Collegio di Garanzia del Coni lo aveva lasciato al suo posto, lavandosene le mani e dichiarandosi incompetente.
Il suo principale sfidante, Stefano Maldifassi, risultato secondo col 29,9% dei voti, però non si è arreso. Ha continuato la sua battaglia legale e e si è rivolto alla giustizia ordinaria. Ma oggi anche il Tar del Lazio ha respinto il suo ricorso, dando ragione su tutta la linea a Roda. Non solo da un punto di vista formale (il ricorso era illegittimo) ma anche nel merito. Secondo il tribunale amministrativo, “non appare irragionevole né sproporzionato che le norme federali abbiano puntualizzato che ai fini del computo del limite triennale dei mandati presidenziali della Fisi si debba tener conto di mandati quadriennali svolti per intero”. Questo anche e soprattutto alla luce del recente emendamento parlamentare che ha superato la Legge Lotti: intervento che, pur non riguardando direttamente Roda (non può essere retroattiva), segnala il “favor” del legislatore per l’eliminazione del limite dei tre mandati per le cariche apicali.
Nel frattempo, infatti, la situazione è cambiata, il tetto non esiste più. I giudici hanno tenuto conto di questo, ma curiosamente non del fatto che con la nuova normativa Roda non sarebbe stato eletto: nel 2022 prese solo il 57% dei voti, mentre la legge oggi precisa che a chi è al quarto mandato serve il 66%. La “trovata” di interpretare i quadrienni come interi era e resta decisiva, insomma. E in questo senso la sentenza del Tar potrebbe anche fornire un ulteriore assist ai colleghi di Roda. Oltre ad alimentare generiche speranze di ricorso per chi sarà eventualmente bocciato, potrà costituire un precedente concreto per chi come lui ha alle spalle dei mandati a metà: tra i beneficiari ad esempio potrebbero esserci Mignardi nell’hockey o Falcone nel judo, lo stesso Gravina in Figc nel 2018 subentrò a metà quadriennio (ma lui non è ancora arrivato al quarto). La casta dei presidenti non si arrende mai.