L’uscita di Amadeus dalla Rai e il suo approdo sul Nove, ormai molto probabile anche se non ancora ufficializzato, è il fatto più grave nella storia della nuova gestione del servizio pubblico. Più grave dell’analoga vicenda che ha riguardato Fazio, Gramellini, Augias e Annunziata. Il mio non è un paradosso e neppure una sottovalutazione del valore dei precedenti “transfughi”. Mi spiego: l’allontanamento di personaggi come Fazio e compagni dalla nuova Rai gestita dalla destra ha un senso. Non che sia un esempio virtuoso, di saggezza, lungimiranza e di spirito democratico, ma una logica ce l’ha, perversa ma logica. Diciamo che i personaggi in questione rappresentavano un’idea di televisione, un sistema di valori, una lettura del mondo e della storia troppo diversi rispetto a quelli dei nuovi dirigenti. La convivenza sarebbe diventata difficile. Una sorta di “incompatibilità di carattere” come si diceva quando il divorzio era una faccenda che riguardava solo i divi del cinema americano.
Ma Amadeus? Che cosa rappresenta mai Amadeus, quali sono i valori, le sue visioni del mondo che non possano essere tollerati da una classe dirigente conservatrice? Il tutto poi avviene in un settore centrale, delicato, quello dell’intrattenimento, fondamentale per un’emittente generalista e in cui la Rai sembra vivere momenti di affannosa e disastrosa ricerca di qualcosa di interessante (vedi il programma di Chiara Francini). Come si può spiegare dunque l’harakiri della Rai? Le ipotesi sono due. La prima, chiamiamola ipotesi-Corriere è quella appunto insinuata dall’autorevole quotidiano. Tutto nascerebbe da una serie di screzi causati dal rifiuto di Amadeus di accettare alcune proposte della dirigenza riguardo al coinvolgimento di alcuni personaggi di dubbio talento e di dubbia utilità. I nomi li sapete. Un’ipotesi davvero infamante per un servizio pubblico, peggio dell’amichettismo attribuito alla sinistra, un infantilismo da asilo: non hai fatto giocare il mio amico e io non ti invito più alla mia festa, firmato dal ministero della Comunicazione e del merito.
Ma c’è un’altra ipotesi, più seria. Chiamiamola ipotesi-Fiorello, visto che è stato lui a illustrarla nel corso di un talk in cui ero presente anch’io. Ora come tutti sanno Fiorello è tanto esuberante, fantasioso e amante del paradosso quando fa il suo lavoro, quanto è pacato, riflessivo e preciso nelle analisi quando affronta seriamente i problemi. La sua ipotesi, molto credibile in quanto riguarda un amico fraterno, attribuisce la scelta di Amadeus a tutt’altri motivi. Arrivato a una certa età, dopo aver mietuto tutti i successi possibili (e anche quelli impossibili) Amdeus lascerebbe la Rai né per soldi né per ripicche, ma per motivazioni assai più nobili: per trovare nuovi stimoli, tentare nuove sperimentazioni, occupare ruoli anche di ideazione che la nuova collocazione gli offrirebbe. Tutto chiaro e limpido. Peccato però che questa ipotesi nobile è assai peggiore, per la Rai, delle dicerie ignobili. Perché esclude che nuovi stimoli, sperimentazione e innovazione si possano realizzare all’interno del servizio pubblico che in questi campi invece dovrebbe essere l’assoluto protagonista.