Il cambio del nome arriva prima ancora della commercializzazione. La causa? Le proteste del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, irritato per la decisione di chiamare con un chiaro richiamo all’Italia una vettura che viene prodotta in Polonia. Così l’Alfa Romeo Milano, la nuova compatta sportiva del fu marchio di Arese, si chiamerà Junior. La strada più comoda per il brand del gruppo Stellantis, che avrebbe avuto come altra possibilità almeno una promessa – nel lungo periodo – di portare la produzione in Italia.

“C’è una legge del 1993 che vieta di chiamare Milano un’auto prodotta in Polonia”, aveva detto Urso all’indomani del lancio dell’automobile. Da qui la decisione della casa franco-italiana che attraverso il ceo del brand, Jean-Philippe Imparato, ha comunicato il cambio del nome che riguarderà non solo l’Italia, ma tutto il mondo. “Il nome Milano, tra i favoriti dal pubblico, era stato scelto per rendere tributo alla città dove tutto ebbe origine nel 1910 – ha spiegato Imparato – pur ritenendo che il nome Milano rispetti tutte le prescrizioni di legge, e in considerazione del fatto che ci sono temi di stretta attualità più rilevanti del nome di una nuova autovettura, Alfa Romeo ha deciso di cambiare il nome da Milano a Junior, nell’ottica di promuovere un clima di serenità e distensione”.

Fonti di governo hanno parlato di “grande soddisfazione” per la decisione di Alfa Romeo sottolineando che la scelta è arrivata “dopo una interlocuzione” con Stellantis “nella quale il governo italiano ha fatto notare come queste pratiche alla fine rischiano di danneggiare la produzione sul territorio italiano”. I “temi di stretta attualità” ai quali ha fatto riferimento Imparato sono le schermaglie verbali che da settimane vedono protagonisti Urso e l’ad Carlos Tavares tra richieste di incentivi, morual suasion europea sulle emissioni dei motori e taglio dei costi dell’energia e minacce di chiudere gli stabilimenti nel caso arrivasse un secondo produttore in Italia.

Il tutto mentre Stellantis ha annunciato un accordo con i sindacati – tranne la Fiom-Cgil – per incentivare 3.600 uscite volontarie dagli stabilimenti italiani. Oltre 1.500 di questi esuberi riguarderanno lo stabilimento di Mirafiori, il ‘cuore’ italiano dell’ex Fiat. La paura per il rimpicciolimento progressivo del sito torinese ha spinto i sindacati al primo sciopero unitario degli ultimi due decenni. Lo scorso venerdì sono scesi in piazza oltre 12mila tra operai e quadri appartenenti a tutte le sigle sindacali e perfino molte sigle degli industriali torinesi hanno preso posizione alla vigilia, invitando Stellantis a prendere impegni su Mirafiori per non desertificare Torino e il tessuto industriale dell’hinterland, dove ci sono ancora centinaia di aziende della componentistica e dell’indotto.

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