L’affaire giudiziario delle mascherine fatte arrivare dalla Cina in piena emergenza Covid che aveva coinvolto l’ex commissario Domenico Arcuri per cui era stata archiviata l’accusa di corruzione ed era caduto il peculato – è arrivato davanti al giudice per l’udienza preliminare. Che dovrà decidere sulle richieste della procura di Roma che ha chiesto una condanna ad 1 anno e 4 mesi, nell’ambito di un processo con il abbreviato, per l’ex commissario. L’accusa rimasta è di abuso d’ufficio.

I pm hanno, inoltre, chiesto una decina di rinvii a giudizio per gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il rito ordinario. Gli imputati, secondo quanto emerge dal capo di imputazione, in “concorso” avrebbero sfruttato relazioni personali e occulte con Arcuri ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner dell’imprenditore Mario Benotti (poi deceduto ndr) un’esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”.

Arcuri aveva ai pm aveva detto che quella di Benotti era l’offerta più vantaggiosa. Ma per la Procura la maxi fornitura di mascherine cinesi è stata oggetto di più illeciti. Quelle mascherine poi – finite anche in strutture ospedaliere – erano state oggetto di perizia da parte di altre procure e il risultato dei test è che erano potenzialmente pericolose. Ma su questo fronte non c’era stata nessuna contestazione. L’inchiesta dei pubblici ministeri, Fabrizio Tucci e Gennaro Varone, riguardava affidamenti per un valore di 1 miliardo e 250 mila euro per l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l’intermediazione di alcune imprese italiane.

Ad Arcuri e Antonio Fabbrocini (all’epoca il suo vice, ndr), i pm imputano l’assenza di un contratto per la mediazione di Vincenzo Tommasi, l’imprenditore “partner” l’ex giornalista Rai, Mario Benotti, poi deceduto. I pm avevano contestato che “la conclusione dei contratti” fra la struttura commissariale e i fornitori cinesi aveva “trovato unico fondamento nella moral suasion operata da Benotti, sulla sola base del rapporto personale tra lo stesso ed il commissario Arcuri”.

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