Il padiglione di Israele alla 60esima Biennale di Venezia, che doveva aprire oggi, resterà chiuso “sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi” nelle mani di Hamas. Recita così il messaggio scritto su un foglio bianco e affisso alla porta della struttura alla Biennale Arte. E la decisione è della curatrice e artista Ruth Patir: “È una scelta di solidarietà con le famiglie degli ostaggi e la grande comunità di Israele che chiede un cambiamento“.
“Come artista ed educatrice – ha aggiuto Patir – rifiuto fortemente il boicottaggio culturale, ma ho una grande difficoltà a presentare un progetto che parla di vulnerabilità per la vita in un momento in cui non c’è rispetto per essa”. Attraverso i vetri delle finestre del padiglione, ai Giardini della Biennale, è possibile comunque intravvedere all’interno il lavoro video “Keening” di Patir, ma l’intera esibizione, dal titolo ‘(M) otherland‘, “aspetta dentro – precisa l’artista e curatrice – il momento in cui i cuori potranno ancora una volta essere aperti all’arte”.
“Rispetto la decisione del padiglione Israele. È una decisione molto coraggiosa”. Così Adriano Pedrosa, curatore dell’esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia, ha commentato la decisione.