Persa la Russia, la Germania non vuol perdere la Cina. Berlino ha costruito le sue fortune recenti con questi due paesi, importando dal primo energia a basso costo, esportando nel secondo una bella fetta della sua produzione industriale che va ben oltre il fabbisogno interno. Lunedì mattina il cancelliere tedesco Olaf Scholz è arrivato a Shanghai dove ha in programma incontri coi rappresentanti della Camera di commercio estera locale, un dialogo con gli studenti dell’Università di Tongji e una visita al centro ricerche di Covestro, prima di trasferirsi a Pechino, la tappa finale della sua seconda missione ufficiale nel paese. Con lui ci sono i vertici di aziende come Siemens, Mercedes e Bmw. La missione ha lo scopo di rinsaldare i legami commerciali e gli investimenti tra i due paesi, destreggiandosi tra diverse istanze.

Nel 2023 Berlino e Pechino si sono scambiate merci per un valore di 253 miliardi di dollari. La Cina è il primo partner commerciale della Germania ma, ormai, il paese asiatico esporta più di quanto importa, e vanta un avanzo di oltre 58 miliardi. Le esportazioni tedesche verso la Cina valgono un centinaio di miliardi, le importazioni quasi 160. Inoltre, lo scorso anno, l’interscambio tra i due paesi è diminuito del 15% mentre è aumentato, seppur di un modesto 1%, il valore del commercio con gli Stati Uniti. Ora gli Usa alla Germania vendono anche tanto gnl, il gas liquefatto, ben più caro di quello che arrivava dai gasdotti russi.

Il responsabile finanziario del colosso tedesco Siemens, Ralf Thomas, al seguito di Scholz, ha detto al Financial Times che alle aziende tedesche servirebbero “decenni” per sganciarsi dalla Cina, le sue produzioni sono infatti fortemente integrate nelle filiere cinesi. Come tutti i paesi del G7, Stati Uniti inclusi, la dipendenza dalle forniture cinesi è assai pronunciata. E soprattutto, i paesi occidentali dipendono dalla Cina più di quanto lei dipenda da loro. Per Berlino le carte sul tavolo si sono mischiate, tutto è più confuso e complicato di prima. Oltre ad essere mercato di sbocco e fornitore, la Cina sta diventando sempre più un concorrente diretto. Quello che il cancelliere conduce in Cina è pertanto un difficile esercizio di equilibrismo.

La Germania subisce le conseguenze delle decisioni degli Stati Uniti. Sia per quanto riguarda la Russia, sia per il raffreddamento dei rapporti con la Cina e il tentativo di allentare i legami. Ma, visti i numeri, le industrie tedesche devono assolutamente mantenere il più aperto possibile il mercato cinese. Il che sconsiglia l’adozione in sede europea di misure protezionistiche e sanzioni nei confronti di Pechino che, inevitabilmente, reagirebbe con ritorsioni analoghe. Ci sono tuttavia settori della manifattura tedesca, l’auto prima di tutti, che soffrono sempre di più l’aggressività dei concorrenti cinesi.

Le case tedesche sono in ritardo nella transizione verso l’elettrico mentre i produttori cinesi hanno cavalcato l’onda di questa rivoluzione tecnologica per ritagliarsi un ruolo di primo piano (anche con un aiuto del governo). Byd è oggi il primo produttore di auto elettriche insieme all’americana Tesla ma, a differenza della casa statunitense, è particolarmente competitiva sul fronte dei prezzi. Lo scorso anno la Cina è diventata il primo esportatore al mondo di automobili, superando il Giappone. Per una Volkswagen o una Bmw cosa è meglio? Limitare l’invasione di auto cinesi rischiando di vedersi tagliati fuori dal più grande mercato del mondo oppure accettare la piena concorrenza dei produttori asiatici?

Scholz deve destreggiarsi tra queste complicate equazioni, con tante variabili e molte incognite. “Per quanto riguarda le dipendenze critiche, dobbiamo affrontarle. Non vogliamo chiuderci, ma vogliamo avere partnership equilibrate”, ha detto il cancelliere. Visti i numeri noti, se si andasse ad uno “scontro”, a farsi più male sarebbe probabilmente la Germania e quindi il cancelliere cerca quindi di smussare gli attriti e rafforzare le sinergie. Questo però può creare problemi con gli Usa che da tempo fanno molta pressione sui partner occidentali affinché riducano i loro legami e rapporti con Pechino. Berlino è stata piuttosto ossequiosa nei confronti di Washington per quanto riguarda la Russia, rinnegando una politica decennale di avvicinamento con Mosca. Non può permettersi di fare lo stesso anche per la Cina.

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