È il giorno della difesa alla processo per decidere la revisione del processo per la strage di Erba. Al primo udienza l’accusa ha parlato di “una cascate di prove” e la parte civile di mettere fine alle speculazioni. Per la difesa le confessioni furono estorte, gli imputati non uccisero Valeria Cherubini e Youssef Marzouk, la testimonianza di Mario Frigerio era “una falsa memoria” perché compromessa da una amnesia. “Ci sono tre consulenze che descrivono una dinamica dei fatti completamente diversa da quelli della sentenza e rendono incompatibili Olindo e Rosa come colpevoli della strage di Erba” ha detto nell’arringa di Fabio Schembri, avvocato di Olindo Romano, condannato all’ergastolo, insieme alla moglie Rosa Bazzi. Nella sua ricostruzione, nell’udienza sulla revisione del processo in corso a Brescia, sottolinea come la descrizione dell’omicidio della vicina di casa Valeria Cherubini, una delle quattro vittime dell’11 dicembre 2006, è “un’ipotesi fantascientifica. È impossibile che le cose sono andate come descritte nella sentenza” sostiene il legale. Nel massacro della palazzina del ghiaccio morirono Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la madre Paola Galli e la vicina. Unico sopravvissuto Mario Frigerio. Dopo gli omicidi fu appiccato un incendio.
L’omicidio di Valeria Cherubini – Nella sua discussione Schembri ricorda come, con i colpi ricevuti alla testa e alla gola, Valeria Cherubini non avrebbe potuto urlare ‘aiuto’ come sentito dai primi soccorritori e che non avrebbe potuto salire le scale per raggiungere il suo appartamento. “La nuova prova introduce che l’assassino o gli assassini erano ancora in casa perché la sentirono gridare, la prova nuova attesta che venne colpita su e questo è un aspetto che oggi potrebbe diventare dirimente”. La dinamica della strage “è incompatibile con Olindo e Rosa” perché “sarebbero stati visti dai primi soccorritori”, due vicini di casa, intervenuti sul “pianerottolo angusto” di casa Castagna. “È impossibile che non li abbiano visti uscendo e anche con i tempi non ci siamo, è impossibile che nessuno nella corte piena li abbiano visti. Abbiamo un’impossibilità oggettiva“.
Secondo la ricostruzione certificata dai processi, dopo essere stata colpita Cherubini si trascinò al secondo piano dove morì. Come è noto alla base della condanna c’è anche la traccia di sangue rilevata nella Seat Arosa della coppia. Il sangue, non visibile a occhio nudo, era, secondo il test del Dna, di Valeria Chrubini e venne repertato sull’auto sul battitacco del conducente insieme ad altre tre tracce che non erano sangue. Una “traccia di alta qualità, perché il Dna di quella traccia è strato tratto da sangue vicino al sangue puro, senza particolari fattori degradanti” avevano scritto i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado citando le parole del perito. Oggi però l’avvocata Patrizia Morello, dice che quella è una traccia che che la difesa considera “degradata” e che quindi non avrebbe valore di prova. La legale ha sottolineato come il lavoro dei consulenti della difesa sia basato su “metodologie scientifiche nuove“, dopo il passato in giudicato della sentenza.
La testimonianza di Frigerio – Per la difesa degli imputati il ricordo “più accurato” che fornisce Mario Frigerio, unico testimone oculare del quadruplice omicidio, “è di uno soggetto sconosciuto di etnia araba”. Ai giudici della corte d’appello il legale dice di poter offrire una nuova prova: Frigerio “aveva un’amnesia anterograda“, ha respirato “monossido di carbonio” che ha compromesso funzioni cognitive importanti, “come alterazioni della memoria, della capacità di ricordare”, ha subito “domande suggestive che possono innescare una falsa memoria esibita in dibattimento. Frigerio perde lucidità, ma peggiora non migliora, le sue condizioni erano migliori i primi giorni”, quando – sostiene la difesa – non ricorda il vicino di casa come il suo aggressore. In realtà
Anche per il legale Nico D’Ascola che – insieme ai colleghi Fabio Schembri, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux – difende i coniugi la testimonianza di Frigerio, è “una prova sospetta, non nitida” perché dal letto di ospedale di Como “indica un soggetto non noto, fa stilare all’ufficio di procura un identikit che raffigura un soggetto completamente diverso”. Frigerio, nel processo di primo grado, puntò il dito (senza esitazione) contro i coniugi Romano, ma per la difesa il suo è un racconto non genuino. “L’intossicazione da monossido di carbonio“, gli assassini appiccarono il fuoco nell’appartamento di Raffaella Castagna per cancellare le tracce della strage, “hanno determinato – secondo un pool difensivo di esperti – il decadimento di funzioni cognitive importanti, come alterazioni della memoria, della capacità di ricordare e della capacità di orientamento”. La scorsa udienza la parte civile che tutela la famiglia Frigerio aveva fatto notare come la consulenza depositata agli atti fosse uno studio che non poteva includere il caso in questione per durata e per conclusioni.
Fu Frigerio, che è morto nel 2014 – a indicare in aula (unica sede della raccolte delle prove) a indicare come responsabili dell’aggressione l’uomo e la moglie seduti accanto nella gabbia apostrofandoli così: “Sono quei due delinquenti lì”. Per i giudici di primo grado il riconoscimento di Olindo da parte di Frigerio era indubbio e il testimone ha avuto “atteggiamento sempre lineare… nonostante l’intensità di un ferreo controesame”. Anche gli ermellini, nella motivazione della conferma del fine pena mai, erano tornati sulla testimonianza di Frigerio, che subito dopo la strage aveva parlato agli inquirenti senza fare subito il nome di Olindo. Per i giudici “ha spiegato le sue difficoltà non tanto nel fare affiorare il ricordo momentaneamente offuscato a causa del trauma, quanto alla sua difficoltà di credere che a inveire su di lui fosse stato il Romano, suo vicino di casa che riteneva persona per bene, e che dichiarava di aver riconosciuto distintamente nel momento in cui aprì la porta di casa Castagna, tanto da essersi chiesto cosa facesse in quel luogo”.
L’omicidio di Youssef – “Le macchie di sangue del povero bambino (Youssef Marzouk di soli 2 anni, ndr) non sono compatibili con la dinamica raccontata da Rosa Bazzi“, gli schizzi di sangue sarebbero dovuti essere diversi rispetto a quelli che restituisce la scena del crimine sostiene Morello. L’avvocata, in un lungo e tecnico intervento, ribadisce che Valeria Cherubini, una delle quattro vittime della mattanza, è stata uccisa nel suo appartamento e quindi anche questo elemento smentisce le confessioni, poi ritrattate, dei coniugi Romano. E la difesa della coppia non tergiversa nel definire “falsa” la testimonianza dell’unico sopravvissuto Mario Frigerio che soffre di “amnesia anterograda. Il 15 dicembre del 2020 ricordava, il 20 e il 26 dicembre non ricorda nulla, questo è un dato che corrisponde con l’amnesia”. Non solo: in un “soggetto vulnerabile le domande impattano” determinando una “memoria indotta” conclude Patrizia Morello.
Le confessioni “estorte” – Per Schembri le confessioni sono “un atto di generosità che compiono entrambi, un atto generoso: Olindo per salvare Rosa e Rosa salvare Olindo”, ma sono anche la prova che la coppia, condannata all’ergastolo per la strage di Erba, arrivano dopo “le pressioni” di chi li interroga in carcere. Davanti ai giudici della corte d’Appello di Brescia il legale spiega che per il loro ‘amore quadrupede’ la confessione “è il minore dei mali” per ottenere quella “cella matrimoniale” che è l’unica cosa che vogliono. La difesa conta “243 errori” nelle confessioni da parte dell’ex netturbino e della moglie descritti in sentenza come “intelligenti, capaci, astuti, capaci di mettere in piedi un alibi assai complesso”, ma che invece “non sanno cosa è il luminol o le intercettazioni. Rosa non distingue la destra dalla sinistra, non sa leggere, Olindo non sa che l’ergastolo non si dà in cinque minuti, che la pena non si divide in due e non esistono camere doppie in carcere. Il pg dice che non è vero che ci furono pressioni, ma a differenza di quel che dice lui le pressioni ci sono state e il giudice della condanna le ha certificate”, quelle confessioni – poi ritrattate – sono il modo per vedere l’altro, chiosa il legale.
Il tema delle pressioni per far confessare i due imputati era stato già affrontato nei processi e dai giudici che hanno condannato i due imputati. I magistrati hanno ritenuto quelle di Rosa Bazzi e Olindo Romano confessioni spontanee ritenute coerenti e “ritrattate se non per scelta difensiva”, parole “riscontrate” dagli appunti che Olindo Romano aveva segnato sulla Bibbia; e poi i particolari indicati da due coniugi che solo chi era stato sulla scena del delitto poteva sapere. Infine il riconoscimento di Olindo da parte di Frigerio che ha avuto “atteggiamento sempre lineare… nonostante l’intensità di un ferreo controesame”. Le confessioni furono ritrattate otto mesi dopo: lui con una breve dichiarazione, lei con 29 parole scritte a mano su foglietto dicono di essere innocenti. Anche per i giudici della Cassazione, che hanno confermato l’ergastolo, la ritrattazione fu una strategia a dispetto di “un racconto preciso e circostanziato … un racconto pieno di particolari che poteva conoscere solo chi è stato presente sulla scena del delitto, di particolari che trovano reciproco completamento nelle due confessioni, di particolari che non sono stati smentiti da nessuna delle risultanze istruttorie, di particolari assolutamente coerenti e sovrapponibili agli esiti di tutti gli accertamenti tecnici disposti, da quelli chimici, a quelli biologici, a quelli dattiloscopici, a quelli medico legali”.
Prossima udienza – È fissata per il prossimo 10 luglio la nuova udienza del processo di revisione per la strage di Erba presso il tribunale di Brescia a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la strage di Erba dell’11 dicembre 2006. In quella occasione dovrebbe tenersi anche la camera di consiglio. Se la Corte d’appello non accoglierà alcuna prova, sarà la fine del processo. Se, invece, dovesse accettarne anche una soltanto, si andrà avanti.