Ambiente & Veleni

Un iceberg si stacca e nessuno si preoccupa: le inevitabili conseguenze della crisi climatica

di Carmelo Zaccaria

Lo scorso 20 marzo in Patagonia un enorme iceberg è stato visto staccarsi da una piattaforma di ghiacciai e rotolare in mare, sotto lo sguardo incredulo di alcuni turisti che si aggiravano nei dintorni, in una di quelle escursioni con guida. Leggo da una news: “Un fenomeno raro ha deliziato i turisti in Argentina alla fine di marzo”.

Difatti, i partecipanti al tour hanno pensato bene di mettere mano allo smartphone e riprendere ogni dettaglio del sensazionale avvenimento, per poi rilanciare le immagini sui social, sperando di ottenere migliaia di visualizzazioni. Nessuno si è messo le mani nei capelli, nessuno ha urlato di sgomento, nessuna indignazione per un pezzo di mondo, il loro, che stava sprofondando tra le acque gelide dell’emisfero meridionale. Nessuno sembrava dispiaciuto o preoccupato per la perdita di un’altra riserva di acqua dolce di inestimabile valore del pianeta.

Qualcuno nel postare quella gigantesca reliquia di ghiaccio riversarsi in mare forse non ha avuto il tempo, o la voglia, di imputare l’accaduto all’innalzamento delle temperature e al riscaldamento globale, tanto meno alle emissioni di anidride carbonica provocate da lui stesso, in quanto uomo; non ha preso in considerazione che gli iceberg, abissandosi, provocano danni irreparabili, perché determinano il sollevamento della terraferma e il conseguente innalzamento del livello dei mari.

Di fronte ad un gigantesco iceberg che si stacca e precipita, le reazioni, dopo l’iniziale sorpresa, non sono di mortificazione e di sconcerto per le inevitabili ricadute sul clima, ma di compiacimento per poter documentare al mondo intero il “sublime” spettacolo a cui hanno assistito, e soprattutto per testimoniare la loro presenza lì, come se il disfacimento del pianeta fosse diventato un docufilm a colori di cui non aver alcuna responsabilità e alcun rimorso.

Filmando i disastri ambientali li esorcizziamo e li rendiamo invisibili, innocui. Se si potesse filmare l’innalzamento del livello del mare, in ogni suo impercettibile movimento, il problema smetterebbe di inquietarci. Neanche le conseguenze economiche si possono filmare. Quelli che si preoccupano perché la riconversione ecologica ha un costo eccessivo nascondono i rilevanti danni economici che nell’immediato futuro segneranno il calo dei fatturati, o peseranno nella rincorsa a tamponare le catastrofi provocate da eventi estremi, sempre più ricorrenti, o nel finanziare la scarsità di approvvigionamento idrico nelle campagne e nelle città, o ancora, nel provvedere a far funzionare l’industria del turismo in tutte quelle regioni che non potranno garantire un’adeguata quantità di acqua.

La spaventosa penuria di acqua che soffoca l’intera area del Mediterraneo è difficile da filmare, ma chi percorre le nostre contrade si accorge mese dopo mese di quanto sia afosa l’aria, di quanto sia arida la terra, di quanto rachitiche stanno diventando le nostre piante, minuscoli i loro frutti, di quanto poco verdi siano le nostre primavere.

In questi giorni si parla di emergenza idrica in Sicilia, ma è un fenomeno che tutti sappiamo salirà di latitudine nei prossimi anni. Ciò non ci spaventa. Sentiamo solo pena nel vedere grandi corsi d’acqua trasformarsi in smorti ruscelletti, rifiutando di credere che questo sia colpa del disfacimento dell’ambiente. Finché esce acqua dal rubinetto, perché dannarsi l’anima per il riscaldamento globale? Basterebbe chiedere ai vignaioli quanta acqua serviva venti anni fa per irrigare un ettaro di vigneto e quanta ne serve ora, con i terreni asciutti e le temperature che già ad aprile salgono a livelli mai verificati prima.

I rapporti pubblicati dal Copernicus Climate Change, che studia l’andamento del clima per conto della Comunità Europea, ci confermano che l’anno appena trascorso è stato quello più caldo in assoluto che si conosca da quando è in atto dal 1850 la sua misurazione. Quest’anno andrà peggio, ma non sarà sufficiente filmarlo per attenuarne le inevitabili conseguenze.

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