GiuseppeGimmiAmato è il nuovo procuratore generale di Roma. Lo ha ufficializzato il plenum del Consiglio superiore della magistratura, approvando all’unanimità la proposta varata a febbraio dalla Quinta Commissione, competente sugli incarichi direttivi. Amato, 64 anni, era procuratore capo a Bologna dal 2016 e prima lo era stato a Pinerolo e a Trento: nella Capitale occuperà il posto lasciato vacante da Antonello Mura, chiamato ormai un anno e mezzo fa a capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Giustizia. L’incarico di pg di Roma non è solo prestigioso, ma anche specialmente delicato: al titolare dell’ufficio, infatti, spetta autorizzare le intercettazioni preventive effettuate dai servizi segreti nei confronti di persone non indagate, anche nei loro luoghi di privata dimora. Per questo la nomina è guardata con estrema attenzione dalla politica. E Amato si è imposto nonostante la presunta ostilità – riportata in alcuni retroscena – di Alfredo Mantovano, sottosegretario a palazzo Chigi con delega ai Servizi, che da cattolico avrebbe malsopportato la sua richiesta di archiviazione di un procedimento a carico di Marco Cappato per l’aiuto al suicidio di una signora 89enne malata di Parkinson. L’unico sfidante che poteva impensierirlo, il procuratore della Spezia Antonio Patrono, è uscito sconfitto già in commissione, non riportando nemmeno un voto.

Esponente di peso della corrente “moderata” di Unità per la Costituzione, Amato è il figlio di Nicolò, ex capo del Dipartimento carceri del ministero della Giustizia tra gli anni Ottanta e Novanta. Il neo-pg di Roma non corrisponde certo al profilo del pm d’assalto: anzi, le sue dichiarazioni pubbliche in fase d’indagine di solito sono orientate alla prudenza e al garantismo. L’ultimo esempio proprio nei giorni scorsi, parlando alla stampa degli accertamenti sulla catena dei subappalti alla centrale idroelettrica di Suviana: “Non è che il subappalto di per se stesso è un problema, è una figura giuridica prevista dal codice civile. Non deve essere vista in ottica pregiudizialmente negativa, lo sguardo verso le competenze non dev’essere ideologico“. L’anno scorso, a differenza dei colleghi di Ravenna e Forlì, scelse di non aprire un fascicolo sull’alluvione in Emilia-Romagna: “Non si può avviare un’indagine per ogni evento naturale. Non è questo il ruolo del pm, almeno come lo intendo io. I muscoli si mostrano se uno ha una ragionevole intenzione di usarli, mostrarli per mostrarli non ha senso”, disse. Lo stesso vale per le sue prese di posizione politiche: fu tra i pochi magistrati a difendere la riforma Cartabia (“Nel complesso la trovo positiva”) e a minimizzare gli effetti della procedibilità a querela che per un periodo impedì di perseguire reati come furti, scippi e sequestri di persona. “Il tema è inesistente, è una polemica di lana caprina”, disse.

Nel 2022, inoltre, Amato era stato sottoposto a una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale, poi archiviata, per alcuni messaggi scambiati con Gianluca Pini, ex deputato della Lega allora indagato per corruzione a Forlì (poi arrestato nel 2023). A quanto risulta dalle chat, nell’ottobre 2018 Pini aveva aveva organizzato un incontro a palazzo Chigi tra il magistrato e Giancarlo Giorgetti, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo gialloverde: “Dottore buongiorno, la chiameranno per fissare per domani un appuntamento con Giorgetti. La informo che anche il posto da Commissario per i beni confiscati sarà vacante a breve. Una buona giornata e buon lavoro”, scriveva l’ex parlamentare. Il giorno dopo Amato lo ragguagliava: “Incontro veramente piacevole a tutto tondo. Grazie della opportunità. A presto”. E Pini: “Ben lieto di mettere in contatto persone che meritano e che stimo”.

Convocato di fronte al Csm, il procuratore spiegò di non essere stato a conoscenza dell’indagine a carico dell’ex deputato, che gli era stato presentato da un collega della Procura. E negò di avere qualunque interesse all’incarico citato nei messaggi: “Onestamente io facevo il procuratore a Bologna, ma secondo lei, adesso questo posto a commissario dei beni confiscati (…) a parte che lo vedo completamente lontano non solo dai miei desiderata (…) Per me è completamente fuori da ogni ipotesi… Se avessi voluto andare fuori ruolo certo non avevo bisogno di Pini e dell’incontro di Giorgetti, tanto per essere chiari… del resto, se fosse stato un mio desiderio, a prescindere che non avevo proprio bisogno, scusi, di Pini, che non sapevo manco chi era, per conoscere Giorgetti. Con tutto il rispetto, io avevo bisogno di Pini, che non so nemmeno chi fosse? Se io mi fossi mosso… per cercare, ma avevo bisogno di Pini?”. E ancora: Ma lei si immagina che io vado fuori ruolo a fare il Presidente dell’Autorità dei beni confiscati? Ma nemmeno se mi pagano!”, diceva, sentito dalla Prima commissione.

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