Il Centro studi di Confindustria è più d’accordo con il governo che con il Fondo monetario internazionale o la Banca d’Italia. L’economia italiana va bene, meglio delle attese. “La crescita italiana sorprende in positivo” rileva il Csc nelle previsioni di primavera, in cui ha rivisto al rialzo al +0,9% le previsioni sul Pil 2024 e indicato +1,1% nel 2025. La precedente stima per quest’anno, dello scorso ottobre, era ferma al +0,5%. Ieri il Fmi ha confermato la sua stima allo 0,7% per quest’anno e ridotto sensibilmente quelle per il 2025. Il governo, invece, scommette su un Pil in crescita quest’anno dell’1%.

Oltre al miglioramento della domanda globale che “darà nuovo impulso all’export” gli economisti di Confindustria evidenziano “due potenti stimoli alla crescita”: la prospettiva dei tassi in calo ed il Pnrr. Avvertono però anche che vari fattori frenano la crescita. Tra questi il costo dell’elettricità, le strozzature mondiali nei trasporti (mar Rosso ma non solo) e il “il graduale phase oout del superbonus”. Il rapporto previsionale spiega che le costruzioni a uso residenziale, in termini di valore aggiunto e quindi di contributo al Pil, dovrebbero risentire fortemente di tale prevista riduzione degli incentivi, già nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. Nel 2023, invece, il contributo maggiore alla crescita degli investimenti in Italia, sebbene non l’unico, è stato fornito proprio dalle abitazioni.

Gli economisti di Confindustria non sono d’accordo con quelli del Fondo monetario neppure sul mercato del lavoro. Il Fmi si attende un aumento della disoccupazione, Confindustria il contrario. “La recente buona performance dell’occupazione ha permesso un rientro del tasso di disoccupazione, sceso al 7,4% a inizio 2024 dal picco del 10,2% nella primavera 2021. Tasso che è previsto calare nel 2025 al 7,1%, grazie ad un’occupazione in ulteriore aumento e una forza lavoro che continuerà ad avanzare ma a ritmo contenuto”, scrive il Csc. Il rapporto conferma poi il calo dei salari italiani: “Dopo un +1,9% nel 2023, la dinamica delle retribuzioni di fatto pro-capite nell’intera economia italiana è prevista accelerare al +3,8% nel 2024 e al +4,1% nel 2025. Il rafforzamento della dinamica retributiva, contemporaneo al netto rientro dell’inflazione, permetterà un recupero, seppur non completo, delle retribuzioni reali, che avanzeranno del +4,3% cumulato nel biennio in corso “.Se si considerano gli aumenti legati all’inflazione è facile capire come il valore effettivo delle buste paga sia stato fortemente ridimensionato negli ultimi anni.

Sul fronte dei conti pubblici le previsioni economiche del centro studi di Confindustria confermano un “debito in risalita”. Il debito pubblico “è stimato al 139,1% del Pil nel 2024, in aumento di 1,8 punti rispetto al 2023. Per il 2025 è previsto continuare a salire di 2,1 punti, al 141,1% del Pil”. È una “dinamica in risalita confermata dal governo che nel Def, però, – rilevano gli economisti di via dell’Astronomia – stima un debito più basso: al 137,8% del Pil quest’anno e al 138,9% il prossimo”. È invece “in previsione un rientro del deficit”. Nello di previsione del Csc “l’indebitamento netto della pubblica amministrazione si attesta al 4,4% del Pil nel 2024 e al 3,9% nel 2025, sostanzialmente in linea con quanto indicato dal governo nel quadro tendenziale del Documento di economia e finanza (4,3% nel 2024 e 3,7% nel 2025)”. Positiva infine la dinamica delle entrate: “Le entrate complessive si attestano al 46,8% del Pil nel 2024 e salgono al 47,3% nel 2025, registrando una crescita nominale più lenta quest’anno (+0,7%) e più marcata il prossimo (+4,0%)”.

Oggi la Banca d’Italia ha ribadito le sue stime del Pil diffuse lo scorso 5 aprile che prevedono per l’economia italiana un aumento, nel 2024, dello 0,6% dopo un primo trimestre ‘debole, un dato che sale allo 0,8 escludendo la correzione per le giornate lavorative. Nel bollettino economico dell’istituto centrale viene confermata anche la stima del Pil di un +1% nel 2025 e di +1,2% nel 2026.

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