A Milano si annuncia lo sfalcio ridotto, ossia la scelta di mantenere l’erba alta in 54 aree pubbliche distribuite in tutti i Municipi, dal centro alla periferia. Ma i benefici all’ecosistema urbano – raccontati dall’amministrazione comunale e dimostrati da diversi studi – non bastano a convincere tutti. Come, d’altronde, è già accaduto in passato sia nel capoluogo lombardo, sia in altre realtà. Da Torino, dove la scorsa estate è scoppiato un caso politico sull’opportunità o meno di lasciare l’erba alta, a diverse città dell’Emilia Romagna. “Crediamo che sia fondamentale tutelare la biodiversità, tutelare tutto quel mondo che nel prato vive e sopravvive grazie ai fiori e all’erba alta e anche preservare l’umidità di quei prati che sempre più dovranno affrontare estati siccitose a causa dei cambiamenti climatici” ha spiegato in un video pubblicato sui suoi canali social Elena Grandi, assessora all’Ambiente e al Verde del Comune di Milano. In realtà quella degli sfalci ridotti non è una novità. Già lo scorso anno, a Milano sul tema era divampata la polemica. E anche ora, nonostante la scelta di mantenere l’erba alta porti con sé una serie di benefici dimostrati da diversi studi e, per questo, adottata da diversi comuni italiani e da altre città del mondo, la polemica non è mancata. Se Legambiente e Lipu sostengono l’iniziativa, dai partiti politici di destra arrivano commenti al vetriolo. “L’amministrazione Sala ripropone la storiella della tutela della biodiversità per risparmiare sulla manutenzione del verde. Quest’anno, tuttavia, hanno la sfortuna di non poter usare anche la ‘lotta alla siccità’ come ulteriore risibile scusa per non fare adeguata manutenzione del verde” è il commento di Gianluca Boari, Consigliere del Municipio 3 di Milano, per Fratelli d’Italia. Ma la ragione che avrebbe spinto il Comune verso questa decisione non è l’unico problema.

La scelta del Comune e le reazioni dei cittadini – Sul sito istituzionale, il Comune ricorda che la pratica dello ‘sfalcio ridotto’ apporta “diversi benefici all’ecosistema urbano. Con la riduzione del taglio dell’erba, infatti, le specie che compongono il prato riescono a completare il loro ciclo vegetativo fino alla fioritura e alla produzione di seme. Lasciare crescere l’erba – scrive il Comune – significa offrire un habitat più ricco per api e insetti impollinatori, uccelli e piccoli mammiferi contribuendo così alla diversità biologica delle aree urbane. Inoltre, l’erba più alta trattiene l’umidità, preserva il suolo durante i periodi siccitosi e mitiga l’effetto delle isole di calore”. A breve, in prossimità dei prati a sfalcio ridotto, saranno collocati circa 150 cartelli della campagna informativa, per spiegare l’obiettivo di questa pratica. Ma sono diverse le reazioni dei cittadini alla notizia (e al video dell’assessora Grandi). Accanto a chi prende la novità in modo positivo, c’è chi ricorda che “al Parco delle Cave ci sono ancora gli alberi crollati lo scorso anno”, chi la ritiene una decisione obbligata “in assenza di risorse”, alcuni sottolineano il disagio per chi porta a spasso i cani o sono preoccupati che le aree usufruibili, già poche in una città come Milano, si riducano ulteriormente.

Dove l’erba sarà più alta a Milano – Le aree interessate dagli sfalci ridotti riguardano un totale di 1,3 milioni di metri quadrati su circa 19 milioni di metri quadrati di verde urbano gestiti direttamente dal Comune. “Abbiamo scelto queste aree con un criterio, per fare in modo che non vadano a impattare in zone molte fruite, in quelle attrezzate, in quelle dei giochi, in quelle dei cani – ha spiegato l’assessora Grandi – ma saranno aree lungo le nostre carreggiate stradali ad alto traffico, aree nei parchi estensivi e anche in alcuni punti dei parchi attrezzati. Ad esempio, ai Giardini Montanelli, ci sarà un’area attorno a un platano che viene appositamente mantenuta con l’erba alta per un progetto sulla biodiversità”.

Per Legambiente e Lipu una scelta giusta, ma la Lega va all’attacco: “Periferie ancora più degradate” – Per Legambiente la scelta del Comune di Milano è giusta, a patto che questi prati non vengano abbandonati. “Ormai molti Comuni praticano un taglio esasperato, almeno otto tagli all’anno per arrivare anche a dodici, con costi economici e ambientali notevoli, dato che queste operazioni vengono eseguiti con macchine che funzionano ancora, per la gran parte, con energie fossili” spiega Marzio Marzorati, del direttivo di Legambiente Lombardia. Ma non si sottrae alla cittadinanza spazio verde fruibile? “L’erba alta non va lasciata al posto degli spazi fruibili, ma lungo i corridoi fuori dai parchi o negli spartitraffico. Non siamo più abituati, ma anche questa erba ha un ruolo. L’importante è che questi luoghi siano tenuti puliti e non siano simbolo di degrado e di pericolo”. Il prato, anche in questo caso, va progettato. “Si possono anche tagliare solo le bordure – continua Marzorati – a formare una cornice che metta in evidenza come quella di lasciare l’erba alta in quel determinato punto sia stata una scelta. E progettare la semina. In alcuni prati urbani si lasciano queste aree a foraggio”. Per la Lipu (Lega italiana protezione uccelli) si va nella giusta direzione: “Nei nostri parchi siamo abituati ad associare l’erba alta all’incuria o alla mancata manutenzione, ma spesso è proprio in questa erba alta che troviamo numerose specie vegetali, insetti e uccelli”. Ma la Lega passa all’attacco. Samuele Piscina, segretario provinciale e consigliere comunale fa notare che “grandissima parte delle aree destinate a sfalcio tardivo (1,2 milioni di metri quadrati su 1,3 milioni) si trovi nelle zone più periferiche della città, mentre le aree verdi più centrali sono state escluse da tale pratica. La linea di demarcazione tra la sostenibilità ambientale, la tutela della biodiversità e l’incuria e l’abbandono delle aree verdi in periferia è molto sottile. Per Piscina “a farne le spese sono i cittadini che non possono usufruire dei parchi periferici e saranno inondati di zanzare”.

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