Paroloni, al Fuori Salone. L’evento più cool della Milano da ri-bere – cioé l’enorme dipanarsi in città delle iniziative collaterali al Salone del Mobile meneghino – coinvolge ovviamente anche il mondo delle due e delle quattro ruote. La Honda, per esempio, ha scelto lo splendido chiostro del Museo Diocesano, a due passi dalla Darsena (il punto d’incontro dei due Navigli milanesi), per raccontare quanto si stia prodigando per migliorare l’efficienza del modo di produrre, riducendo le emissioni, innovando, riciclando.
Mentre il vento scuoteva gli stand e gli spritz, i manager del colosso nipponico non hanno parlato di design ma della cosiddetta “Triple Action to Zero”, che non è il nuovo credo di un allenatore catenacciaro ma il compito a casa da consegnare alla maestra, pardon al pianeta, entro il 2050: neutralità carbonica entro il 2050 per tutti i prodotti e per le produzioni europee, utilizzando energia pulita e la cosiddetta circolarità delle risorse, basato sul riciclaggio di materiali, il più possibile sostenibili.
Per spiegare in soldoni come ottenere l’ambizioso obiettivo, la Honda espone uno scooter già in produzione, l’SH125i Vetro Green, e due concept: la minimoto/monopattino Pocket Concept e la plasticosa vetturetta col nome che ricorda un ricostituente, SUSTAINA-C, per la quale sono stati impiegati pannelli acrilici non verniciati e totalmente riciclati. Lo scooter Vetro, in vendita 4.040 euro con la motorizzazione 125, è il fiore all’occhiello ambientale dello stabilimento italiano della Honda, quello di Atessa in Abruzzo: la particolare colorazione Green, che ricorda il verde inglese delle Jaguar, nasce da un’idea “riciclatoria” di Fausto Giancristofaro, detto Faustone, che lavora da quarant’anni nell’impianto abruzzese in provincia di Chieti. Oltre a essere molto bellina, la colorazione semi-trasparente consentirebbe, secondo Honda, di ridurre del 9,5% l’emissione di anidride carbonica durante la fase produttiva. Il più intrigante del terzetto ambientalista è il Pocket Concept, un allegro trabiccolo che difficilmente potremo davvero guidare per strada.
Un oggetto che sarebbe probabilmente piaciuto al drammaturgo, scrittore e visionario ceco Karel Capek, che un secolo fa fu il primo a impiegare il termine robot, derivante dalla parola ceca “robota”. Nell’affascinante location del Museo Diocesano, trasformata dal 16 al 21 aprile dalla rivista Vanity Fair nel “Giardino delle idee”, non c’è solo la Honda. C’è spazio per piante, cocktail in scatola, elettrodomestici. E anche per una libreria dove è possibile acquistare “L’anno del giardiniere” del succitato Capek. Le sue utopie distopiche sembrano scritte ieri. Nel 2050, quando controlleremo sul campo se il percorso della neutralità carbonica europea del brand giapponese sarà stato portato a termine, in caso affermativo potremmo regalare al capo azienda dell’epoca le opere complete del grande Karel.