Il saluto romano può costituire reato, sia in base alla legge Scelba che alla legge Mancino, anche se eseguito durante una commemorazione. A precisarlo sono le Sezioni unite penali della Corte di Cassazione, nelle motivazioni della sentenza con cui, il 18 gennaio scorso, hanno annullato con rinvio la condanna a otto militanti di Casapound che avevano teso il braccio nel 2016 a Milano, durante la cerimonia annuale in ricordo del missino Sergio Ramelli (video). Una vicenda per la quale, precisa la Suprema Corte, la prescrizione è in ogni caso maturata a febbraio. Per stabilire la sussistenza del reato – si legge però – il giudice deve valutare “in concreto” una serie di elementi, tra cui “il contesto ambientale, la eventuale valenza simbolica del luogo, il numero dei partecipanti, la ripetizione insistita dei gesti”, tutti idonei a dare concretezza al pericolo di “emulazione“. Le Sezioni unite escludono però che “la caratteristica “commemorativa” della riunione possa rappresentare fattore” di “automatica insussistenza del reato“.
Nele motivazioni, i giudici ribadiscono quanto già affermato nell’informazione provvisoria diffusa a gennaio: il braccio teso e il grido “presente!” integrano il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba – che punisce “chiunque compie pubblicamente manifestazioni usuali al partito fascista” – “ove, avuto riguardo alle circostanze del caso”, i gesti integrino “un concreto pericolo” di riorganizzazione del disciolto partito. Le stesse, inoltre, possono integrare allo stesso”anche il delitto di pericolo presunto” previsto dall’articolo 2 della legge Mancino sui crimini d’odio – che punisce “manifestazioni esteriori” tipiche di organizzazioni violente e discriminatorie – quando siano tenute in ambiti “nei quali il ricorso a tale rituale costituisca “lo strumento simbolico” di espressione delle idee di intolleranza e discriminazione proprie, nell’attualità, degli agglomerati considerati” dalla legge Scelba.
Nel giorno del verdetto, i difensori degli imputati avevano espresso apprezzamento per la decisione, in base alla quale – affermavano – il saluto fascista “non è reato a meno che ci sia il pericolo concreto di ricostituzione del partito”. Una posizione ribadita anche alla luce della lettura delle motivazioni. “Le Sezioni unite confermano l’indicazione della necessità di verifica nel caso concreto del pericolo per l’ordine costituzionale che, se non può essere escluso dalla finalità genericamente commemorativa, richiede certo modalità e caratteristiche che esulano dalle circostanze usuali, composte e solenni, della cerimonia del Presente e dal saluto romano a fini commemorativi in essa adottato”, afferma l’avvocato Domenico di Tullio.