La plastica l’abbiamo sempre vista come un inquinante più che altro estetico, per via dei sacchetti, barattoli e tutto il resto sparpagliati in giro. Ma se è vero che la plastica, di per sé, non fa danni diretti alla salute, è anche vero che le sostanze che contiene li possono fare, eccome!

La plastica è fatta di “polimeri”, lunghe molecole organiche, a loro volta fatte di molecole più piccole dette “monomeri”. E quando la plastica si decompone, i monomeri ritornano fuori. Vi ricordate della frase della Bibbia “sei polvere e polvere ritornerai?” Potremmo dire qualcosa di simile per la plastica: “sei monomeri, e monomeri ritornerai”. E questi monomeri possono fare grossi danni alla salute umana.

Di questa cosa ce ne stiamo accorgendo negli ultimi anni e si sta cercando di correre ai ripari. Arriva in questi giorni la notizia della decisione del governo degli Stati Uniti di mettere dei limiti drastici (“tolleranza zero”) alla presenza delle sostanze “poli- e per-fluoroalchiliche” (Pfas) principalmente nell’acqua potabile. Queste sostanze sono usate in molti tipi di plastiche, e sono dette “molecole per sempre” (“Forever Chemicals”) nel senso che non si degradano nell’ambiente. Quali certamente sono cancerogene, fanno danni al sistema immunitario, aumentano il colesterolo nel sangue e altre cosette poco simpatiche.

Una buona notizia, dunque? Sì, ma i problemi rimangono. Il governo americano non ha proibito la produzione dei Pfas, ma solo il consumo di acqua che li contiene. E questo scarica, come al solito, il danno sui cittadini che, bene o male, finiranno per pagare di più per bere acqua pulita. In Europa, poi, le regole sui Pfas non sono ancora così drastiche, anche se ci si sta muovendo nella direzione della loro eliminazione. Infine, il Pfas è soltanto una delle varie sostanze create dalla chimica di sintesi di cui si stanno scoprendo soltanto oggi i danni per la salute; per esempio, il “Bisfenolo-A” (Bpa), un altro componente di alcune plastiche. Si parla da anni di abolirlo, ma ancora non ci si riesce. Ci sono ben pochi casi in cui è stato possibile mettere al bando totale una sostanza dannosa, uno è quelle dei clorofluorocarburi (“Freon”), noti per causare il famoso “buco nell’ozono”. Sono stati banditi nel 1987, ma sono ancora in giro nell’atmosfera.

In sostanza, il caso dei Pfas è un esempio – uno fra i tanti – di come gli esseri umani riescano a farsi dei danni senza una vera ragione se non i profitti di qualche gruppo industriale. Eliminare le sostanze inquinanti si rivela sempre difficile di fronte a una burocrazia con tempi di reazione da bradipo insonnolito, ma più che altro le lobby industriali fanno il loro mestiere di intralciare il processo di regolazione con metodi leciti e qualche volta non tanto leciti. Basta pensare a come l’introduzione dei veicoli elettrici rappresenterebbe un passo in avanti gigantesco nella riduzione dell’inquinamento urbano, ma viene osteggiata in tutti i modi da una campagna denigratoria su tutti i media che cerca di mantenere i vecchi veicoli a motore termico. Per non parlare della campagna denigratoria contro le energie rinnovabili, anche quella che mira a mantenere la nostra dipendenza dai combustibili fossili.

Il grosso problema è che il pubblico ha perso fiducia nelle istituzioni e nella scienza, anche – bisogna dire – per delle ottime ragioni. Ma ricordiamoci che respiriamo tutti la stessa aria. E allora non facciamoci imbrogliare da chi cerca di mantenere i propri profitti a spese della nostra salute.

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