Passata la pandemia, in Italia la speranza di vita ha recuperato terreno toccando nel 2023 gli 83,1 anni. Molto vicino al livello del 2019, 83,2. Ma l’evoluzione positiva rischia di interrompersi se non si invertirà la rotta rispetto al declino del Servizio sanitario nazionale. Oggi un nuovo allarme – dopo l’appello di un gruppo di medici e scienziati preoccupati per la crisi della sanità pubblica – arriva dall’undicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) di Istat, secondo cui nel 2023 sono circa 4,5 milioni i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di liste di attesa o difficoltà di accesso. Si tratta del 7,6% della popolazione: in aumento rispetto al 7% del 2022 e al 6,3% del 2019.
In un quadro in cui, stando al rapporto, poco più della metà dei 129 indicatori di benessere (su 152) per cui è possibile il confronto, sono migliorati rispetto all’anno precedente, la sanità (insieme ad ambiente e sicurezza) fa eccezione. Anche perché i finanziamenti pubblici sono saliti in valore assoluto ma, se si tiene conto dell’inflazione, sono addirittura calati negli ultimi tre anni. L’Istat lega l’aumento delle rinunce alla necessità di recuperare le prestazioni rinviate per il Covid-19 e alla difficoltà a riorganizzare efficacemente l’assistenza. In particolare raddoppia rispetto al pre Covid la quota di chi ha rinunciato causa lunghezza eccessiva dell’attesa (da 2,8% nel 2019 a 4,5% nel 2023). La rinuncia per motivi economici è stabile rispetto al 2019 ma aumenta di 1,3 punti in un solo anno, al 4,2%.
L’Istat ricapitola tutti i problemi che affliggono il Ssn: molti medici di medicina generale sono prossimi a lasciare il mercato del lavoro (il 77% è over 54) e la loro dotazione era già in forte diminuzione (da 7,5 per 10mila abitanti nel 2012 a 6,7 nel 2022). In questo quadro aumenta la quota dei ‘massimalisti’ con più di 1.500 assistiti (dal 27,3% al 47,7%). Il sistema ha anche, e da tempo, una carenza di personale infermieristico, con una dotazione pari a 6,8 per mille abitanti nel 2022.
I cittadini ne subiscono le conseguenze. Nel 2023 si registra un peggioramento dell’indicatore sulla fiducia nel personale sanitario: il 20,1% dei cittadini ha assegnato un voto da 0 a 5 ai medici e il 21,3% all’altro personale sanitario; le percentuali sono massime nel Mezzogiorno (rispettivamente 24,2% 26,6%).
“Mentre i ministri Schillaci e Calderone sbandierano interventi straordinari e la Presidente del Consiglio Meloni elogia investimenti e politiche sanitarie straordinarie, l’Istat registra nell’ultimo anno un peggioramento sostanziale della condizione delle persone”, commenta la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi. “Si aggrava la crisi del personale in sanità, i cittadini sono sfiduciati e sempre più colpiti dalla povertà in aumento: il governo è lontanissimo dalla realtà. Anche per questo sabato prossimo saremo nuovamente in piazza con la Uil, con una grande manifestazione nazionale per la difesa e il rafforzamento della sanità pubblica, per la tutela dei salari e per una riforma fiscale, interventi, questi sì, necessari a migliorare la vita dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese”.