Il presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky torna a invocare un rafforzamento degli aiuti dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Vuole alzare il livello della difesa del suo Paese. Tradotto: vuole una difesa dal cielo. E per rendere più stringente il suo messaggio ora fa un parallelo diretto con Israele e l’attacco di pochi giorni fa subito dall’Iran. “I cieli ucraini e quelli dei nostri vicini meritano la stessa sicurezza – sottolinea Zelensky – E ringrazio tutti coloro che percepiscono il nostro bisogno di sicurezza come un bisogno di sicurezza uguale per tutti, perché tutte le vite hanno lo stesso valore. La nostra capacità di difenderci dal terrore russo e le armi nelle mani dei nostri soldati sono qualcosa che funziona non solo per l’Ucraina, ma per tutti voi. E ringrazio ognuno di voi che lo capisce e agisce di conseguenza”. Zelensky ha fatto riferimento all’attacco su Chernihiv che ha fatto 17 morti e almeno 60 feriti. “Questo è ciò che accade ogni giorno. Riflette la nostra attuale esigenza principale: la necessità di una difesa aerea”, ha ribadito. “La Russia – continua ancora il presidente ucraino – non rinuncia al ricatto delle radiazioni e, in particolare, continua a giocare brutalmente con la sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia: non escludiamo che anche le infrastrutture delle altre centrali nucleari e le reti di distribuzione siano minacciate dal terrore russo. Questo può essere fermato solo dalla difesa aerea, da sistemi specifici come Patriot, Iris-T, Samp-T, Nasams. Sistemi che voi avete. Sono necessari in Ucraina in questo momento, per impedire a Putin di affidarsi a metodi terroristici”.
Il presidente ucraino ha sentito il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg per ripetere il messaggio che sta ripetendo da settimane: il tempo sta finendo, i missili della contraerea sono esauriti e intanto i russi martellano il fronte orientale. La premier estone Kaja Kallas ha lanciato un appello a quei Paesi, europei e non, che ancora hanno batterie anti-aeree nei loro magazzini a “inviarli in Ucraina quanto prima”, poiché “mettere la testa sotto la sabbia” non renderà più sicuro il continente europeo. “La nostra timida risposta in Ucraina non ha rafforzato solo la Russia, questi conflitti in giro per il mondo sono collegati da un filo: siamo come negli anni Trenta”, ha avvertito. I leader Ue, stando alle bozze di conclusione di un nuovo vertice a Bruxelles, sottolineano “la necessità di dare urgentemente una difesa aerea all’Ucraina e di accelerare e intensificare la fornitura di tutta l’assistenza militare necessaria, comprese le munizioni di artiglieria e i missili” e invitano il Consiglio, in particolare nella prossima riunione il 22 aprile in Lussemburgo) ad assicurare “il necessario follow-up”.
L’alto rappresentante Josep Borrell è in contatto con le controparti dei 27, il G7 di Capri sta studiando il dossier (il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba è stato invitato, così come Stoltenberg) e, su richiesta di Kiev, venerdì si riunirà il Consiglio Nato-Ucraina al livello dei titolari della difesa. La Germania ha scritto a decine di Paesi, inclusi gli Stati arabi del Golfo, che saranno in Lussemburgo per il consiglio di cooperazione, per chiedere più sistemi di difesa aerea per l’Ucraina. “Vi invitiamo a fare un inventario nei vostri arsenali e considerare cosa potrebbe essere trasferito, interi sistemi o parti di essi, in modo permanente o per un periodo limitato”, scrivono Annalena Baerbock e Boris Pistorius nella missiva. L’iniziativa, denominata “Immediate Action on Air Defence”, cercherà principalmente di procurare più sistemi americani Patriot poiché si sono dimostrati i più efficaci contro i missili balistici russi. Vale la pena sottolineare una volta di più che non c’è neanche l’ombra di un timido tentativo di tentare una via diplomatica.
Kiev, dal canto suo, la mappatura l’ha già fatta: la coalizione di Ramstein avrebbe a disposizione 100 batterie di Patriot (il grosso è in America) e l’Ucraina ne reclama per sé 7. Un sacrificio giudicato minimo. Berlino ha risposto, promettendo una batteria in più. Ora toccherebbe a Washington, dove finalmente qualcosa si muove. I repubblicani hanno presentato al Congresso una proposta di legge che sbloccherebbe i 61 miliardi in aiuti militari per Kiev, impantanati da mesi di lotte intestine. Il voto si terrà sabato. Senza gli Usa è infatti ormai chiaro che la guerra potrebbe finire con un tracollo per l’Ucraina.
Così, mentre il mondo è in apprensione per il rischio che l’escalation in Medio Oriente divampi in qualcosa di perfino più pericoloso per il resto del mondo, di questo passo, e con il morale delle truppe sempre più indebolito dalle “cupe previsioni“, il fronte ucraino potrebbe collassare “la prossima estate quando la Russia, con un maggior peso numerico e la disponibilità ad accettare enormi perdite, lancerà la sua prevista offensiva”, riferiscono diversi alti ufficiali di Kiev a Politico. Dalla sua, sostiene oggi un’inchiesta della Bbc, Vladimir Putin sarebbe disposto a una strategia soprannominata dalla tv pubblica inglese “del tritacarne”: cioè quella di puntare sulla disponibilità di mandare in prima linea un sempre più alto numero di soldati per cercare di logorare le forze ucraine ed esporre la loro artiglieria. Con il risultato, è il calcolo sempre della Bbc, che la Russia al momento ha già superato “la soglia di 50mila caduti”, con un’accelerazione del 25% in più nel secondo anno di invasione. “Il bilancio complessivo è 8 volte superiore all’ammissione ufficiale di Mosca – sottolinea l’emittente britannica -. Ed è probabile che il numero sia molto più alto”. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha rivendicato il segreto di Stato sull'”operazione militare speciale“, come del resto nemmeno Kiev pubblicizza il numero dei suoi caduti: l’ultima cifra ufficiale risale a febbraio, quando Zelensky parlò di 31mila soldati rimasti uccisi.