A guardare da fuori le tendenze in chiave alcol-free, il bilancio finale sul consumo di alcol sarebbe negativo. Dopo infatti il Dry Dating, ossia l’impegno a rimanere sobri al primo appuntamento sentimentale, passando dal Dry January, il non bere nel mese di gennaio dopo le sbornie di Capodanno, spuntano nuovi trend. Come il Dry Trip: un tipo di viaggiatore che desidera adottare uno stile di vita senza alcol a partire dal rifornimento dei minibar presenti in hotel o consumando in viaggio solo alternative analcoliche. Poi ci sono i numeri ufficiali presentati nella Giornata mondiale dedicata alla prevenzione alcolica (Alcohol Prevention Day) dall’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità che ci raccontano un’altra storia.
I numeri dell’alcol
I dati più recenti sono del 2022 e le cifre che emergono sono tutt’altro che rassicuranti. Circa 8 milioni di italiani hanno bevuto quantità di alcol tali da esporre la propria salute a rischio. Più in dettaglio, tre milioni e 700mila persone hanno bevuto per ubriacarsi e 770mila hanno causato un danno alla loro salute con il consumo di alcol. “I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione consolidata e preoccupante di aumento del rischio che dilaga nelle fasce più vulnerabili della popolazione: minori, adolescenti, donne e anziani”, afferma Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Iss. Tra gli anziani si registrano le più elevate frequenze di consumatori dannosi. Di fatto, sono dati che testimoniano il fallimento delle straegie di riduzione del 10% di consumatori dannosi e dei consumi pro-capite entro il 2025, come aveva stabilito l’Oms. Complessivamente sono 36 milioni i consumatori di alcol in Italia (il 77,4% dei maschi e il 57,5% delle femmine). Circa 10,2 milioni consuma alcol tutti i giorni e 5 milioni ha consumi di alcol che eccedono abitualmente le linee guida. Sono invece 3,7 milioni i binge drinker, coloro che bevono per ubriacarsi, e poco meno di 1 su 3 è donna. Allarmante anche il dato sui consumatori che hanno subito danni dall’alcol e che necessitano di trattamento: sono 770mila. Il problema è che di questi solo l’8,2% (62.886) viene intercettato dal Sistema sanitario nazionale. I servizi accolgono quindi solo la punta dell’iceberg del totale delle persone che avrebbero bisogno di riabilitazione dall’alcoldipendenza. Infine, nel 2022, si sono registrati 39.590 accessi al Pronto Soccorso con un incremento del 12,1% rispetto all’anno precedente.
I dati (che preoccupano) sui giovani
Se come uno zoom avviciniamo questi dati generali alla nostra osservazione emerge un panorama ancora più critico. Che ci rivela un importante aumento di minorenni di entrambi i sessi (11-17enni) consumatori di alcolici di ogni tipo, con prevalenza di birra, aperitivi alcolici e vino. L’incremento più significativo riguarda il consumo di tutte le bevande alcoliche nelle ragazze tra i 18 e i 24 anni. Quello che fa ancora più riflettere è che praticamente non è cambiato niente negli ultimi dieci anni tra i comportamenti a rischio tra i 18-24enni di entrambi i sessi, anche considerando le oscillazioni dei consumi che si sono verificate durante la pandemia. Dati recenti indicano per l’Italia un aumento della mortalità rispetto a dieci anni fa per i casi di cancro collegati all’alcol per i giovani 25-49enni sia maschi che femmine.
Un dato in controtendenza rispetto alle altre fasce di età che in parte può essere attribuito, “oltre che ad abitudini alimentari e sovrappeso/obesità”, informano dall’Iss, “all’effetto di una più prolungata esposizione rispetto al passato al bere delle generazioni più giovani”. Questi ragazzi hanno avuto più tempo e occasioni di consumo di alcolici in periodi di massima vulnerabilità per la loro salute e in cui si è fatto credere che l’uso anche moderato potesse essere privo di rischio per il cancro.
In più, come accennato prima, il sesso femminile – notoriamente più vulnerabile a ogni età agli effetti nocivi dell’alcol – si avvicina ai consumatori maschi, in particolare nel consumo di vino e aperitivi alcolici. Con consumi fuori pasto in costante aumento proprio tra le donne (sono il 23,2%) e 1 milione di donne che si ubriaca. Tutti segnali che “testimoniano la continua assenza di interventi efficaci di prevenzione di genere, anche dovuta alle azioni di marketing incontrollato sui social”, sottolinea con amarezza Scafato.
I danni dell’alcol
Le ricerche indicano che il consumo di alcol rappresenta una delle cause di oltre 200 malattie e lesioni. E non pensate che il dato sia collegato solo a un abuso di bevande alcoliche. Nemmeno il cosiddetto “bere moderato” risulta assolto. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) stima infatti che il consumo di 1 bicchiere e mezzo di alcol al giorno, indicativamente una quantità “moderata”, riduce di 7 mesi la speranza di vita, generando lo 0,7% di costi della spesa sanitaria, un elemento tutt’altro che trascurabile. Ci sono poi le cifre sulla relazione coi tumori: “Il consumo di alcol è associato a 740mila nuovi casi di cancro ogni anno a livello globale (2020), il 4,1% di tutti i nuovi casi di cancro”, ricorda ancora Scafato. “Le stime per l’Italia sono di 10mila nuovi casi di cancro l’anno causati dall’alcol, qualunque sia il tipo di bevanda alcolica consumata”. E anche qui non si salva il consumo moderato, visto che il 42% di tumori femminili è causato proprio da questo tipo di consumo che non eccede i 20 g di alcol al giorno, meno di due bicchieri con, per esempio, l’incremento del 7% del rischio per il primo bicchiere che sale al 27% col secondo. Inoltre, quasi un quarto di tutti i tumori causati dal consumo di alcol nel mondo si sono verificati in Europa”.
Condizionamenti e lobbies
Come non si sia ancora invertita la tendenza al consumo nonostante alcuni segnali facciano pensare a un ripensamento sulla cultura del bere (si pensi solo all’incremento di birre senza alcol, vini de alcolizzati, ecc.) lo si deve attribuire a quello che la stessa Oms denuncia come attività di lobbying da parte dei produttori di alcolici che fanno pressioni e ostacolano le politiche di salute pubblica e di prevenzione sull’alcol. Per esempio, nel 2018, “Uno studio clinico da 100 milioni di dollari che dimostrava come l’uso ‘moderato’ di alcol influisca negativamente sulla salute è stato annullato negli Stati Uniti perché si è scoperto che era prevenuto verso la produzione di risultati favorevoli forniti dall’industria dell’alcol. Il processo è stato pagato sia dall’industria dell’alcol che dal National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA)”, ricorda Ennio Palmesino, consigliere dell’Associazione Nazionale Italiana Club Alcolisti in Trattamento e membro del Direttivo dell’EMNA, la Rete Europea del Mutuo aiuto per i problemi alcolcorrelati. E per alcuni anni delegato agli affari europei in cui rappresentava la Rete alle riunioni del Forum Europeo su Alcol e Salute, dove erano presenti anche i produttori di alcolici. Proprio l’influenza di questi produttori “si riflette chiaramente anche sulle norme di etichettatura delle bottiglie di bevande alcoliche”, sottolinea ancora Palmesino. “Se da un lato l’Oms raccomanda che sulle etichette siano riportate informazioni precise e trasparenti sull’impatto negativo sulla salute, in Italia, come in tutti i Paesi europei, ci si limita a riportare sull’etichetta informazioni di tipo nutrizionale o che riguardano la presenza di sostanze allergizzanti, intese come ingrediente utilizzato; in alcuni casi si indica di inserire la dicitura ‘contiene liquirizia – evitare il consumo eccessivo in caso di ipertensione’. Dunque, l’unico danno dell’alcol sembrerebbe quello attribuibile alla possibile presenza di liquirizia di cui si sconsiglia il consumo eccessivo!”.
E sempre sul fronte dell’etichettatura, da segnalare un fatto risalente al 15 febbraio 2022 in cui il Parlamento europeo “ha cancellato la proposta di inserire in etichetta delle bevande alcoliche un’avvertenza sulle correlazioni tra il consumo di alcol e i rischi di insorgenza di tumori. Gli eurodeputati”, conclude Palmesino, “hanno così smentito le conclusioni della loro stessa commissione BECA (Beating Cancer Plan), per assecondare le lobby di Big Alcohol e dei produttori di vini”.