Il direttore del TgLa7 si è raccontato in una lunga intervista a La Stampa e ha confermato che le voci dei giorni scorsi su un suo passaggio a Discovery sono infondate
Enrico Mentana non va da nessuna parte, resta al timone del suo Tg su La7. Lo assicura lui stesso – dopo l’indiscrezione lanciata da Fiorello – in una lunga intervista a La Stampa: “Non ho difficoltà a dire che il mio contratto scade il 31 dicembre del 2024. Quindici giorni dopo compio 70 anni, cosa mi metto a fare?”. Non che sia stanco, precisa il direttore del TgLa7, che aggiunge: “… Ma me ne sono sempre andato quando non c’erano le condizioni per lavorare bene. È successo alla Rai nel ’92 e a Mediaset nel 2009. Erano vigilie cruciali: la prima un anno prima di Tangentopoli, la seconda due anni prima della fine dell’era Berlusconi. Non è un caso: quando le cose in un’azienda filano sei libero, quando non filano più e ti accorgi che non puoi fare, te ne vai”. Qualche parola anche sul Nove e i grandi volti tv che sono entrati a far parte del canale: “In tre quattro anni ha portato Crozza, Fazio e Amadeus. Non mi pare la rivoluzione d’ottobre (…). È mercato e lo dobbiamo vivere laicamente”. Poi: “Se uno se ne va dalla Rai quando comanda il centrosinistra si dice in un modo, quando comanda la destra si dice in un altro. Lavorerei molto volentieri in una rete televisiva con Amadeus, ma non mi immagino una Rai povera senza di lui”. Una lunga chiacchierata, nella quale il diretto del TgLa7 dice la sua anche sulle agitazioni dei giornalisti Rai: “(…) da sempre ci sono il Tg1 governativo, il Tg2 a destra, il Tg3 a sinistra. Questo era comprensibile e in qualche modo giustificabile per il pluralismo fino a qualche anno fa. Ora è diventato un’altra cosa. Perché l’era dei social ha acuito non lo spirito di appartenenza, ma di fazione, portando alla demonizzazione dell’avversario. Questo ha contagiato i giornali, i lettori, e anche la televisione. E avviene in assenza della politica dei partiti”.